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Il Monaco |
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Tibet, 1943. Un folle ufficiale nazista assalta con i suoi uomini un monastero dove è custodita una pergamena dai poteri straordinari. Un monaco senza nome (Chow), succeduto al suo maestro in qualità di custode della pergamena, riesce a fuggire miracolosamente dal monastero, ma ogni sessant’anni il protettore del prezioso tesoro deve cedere il suo ruolo ad un altro eletto… Sotto l’egida produttiva dell’amico John Woo, il divo cinese Chow Yun-fat è il protagonista questa volta di una pellicola (precisamente la quarta in terra americana) ispirata ad una serie a fumetti (Bullet Proof Monk) pubblicata negli anni ’90 dalla Flypaper Press. Il Monaco, date le sue origini, si presenta quindi come un fumettone che dovrebbe/vorrebbe essere divertente e coinvolgente, ma, ahinoi, in realtà non lo è: l’idea di partenza era quella di creare un interessante mix tra cultura orientale (precisamente il “Gong-fu movies”) e occidentale (la commedia per teen-agers); peccato che, come dice il proverbio: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e non poche sono le delusioni che sorgono dopo aver visto il film. Delude soprattutto il modo in cui viene sfruttato il talento di un attore come Chow Yun-fat, che, visibilmente invecchiato, è qui costretto per esigenze di copione (e alimentari) ad interpretare per l’ennesima volta il ruolo che il tipico occidentale si aspetterebbe da un attore cinese: l’orientale puro di cuore, esperto di arti marziali (proprio lui, che non lo è mai stato!) e dall’immensa saggezza. Ma Chow, per non sfigurare accanto al giovane Seann William Scott (coprotagonista del film e proveniente dalla scuderia di American pie) va addirittura oltre e regala al pubblico anche ammiccamenti, sorrisetti ebeti e pose supercool nella migliore tradizione del già visto e già sentito, con risultati assai distanti da quelli raggiunti in ottimi film made in Hong Kong come The Eight happiness (di Johnnie To 1988), Treasure hunt (di Jeff Lau, 1994) e Once a thief (di John Woo, 1991), dove il Nostro sfodera un’irresistibile e divertente verve gigionesca. Il videoclipparo Paul Hunter, qui al suo esordio sul grande schermo, fa poi il resto, con una regia senza arte né parte, piatta, prevedibile, dove tutto fila liscio, liscio sino al solito happy end. Le coreografie dei combattimenti sono interessanti (soprattutto quella iniziale ambientata sul ponte), peccato che non siano supportate da un adeguato montaggio e spesso risultano incomprensibili; gli effetti speciali, che in un film del genere dovrebbero essere uno degli elementi portanti, non sono invece all’altezza della situazione. A conti fatti Il Monaco risulta essere quindi un prodotto mediocre e ciò rattrista non poco, perché con un attore come Chow Yun-fat nel cast, le aspettative erano alte e i risultati potevano essere assai superiori. La speranza è che il Nostro riesca ad emergere in Usa con una pellicola che possa finalmente valorizzare in toto le sue grandi capacità di attore e che soprattutto non faccia rimpiangere ai fan gli indimenticabili ruoli che ha interpretato nei film girati nell’ex colonia britannica. Ci riuscirà? Noi speriamo di sì e incrociamo intanto le dita attendendo il più volte annunciato Land of destiny, film per la regia di John Woo dove Chow dovrebbe essere coprotagonista insieme a Nicolas Cage.
Giovanni Milizia |
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