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JEEPERS CREEPERS – Il Canto del Diavolo (USA, 2001) |
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Strade deserte dell’America rurale, chiacchere da lunga tirata in automobile, l’immagine minacciosa di un camion nello specchietto retrovisore. Le ruote macinano l’asfalto. I veicoli hanno targhe curiose (quella dei due protagonisti è SVM, ovvero ‘Save Mè). Il granturco è nei campi e, tra i campi, nei sotterranei di una vecchia chiesa in rovina presa d’assedio dai corvi, si celano orrori indicibili. Modello nobile (le storie pubblicate sulle riviste di fumetti Creepy ed Eerie, i duelli on the road di tanta celluloide anni ‘70), sviluppato da Victor Salva con 10 milioni di dollari ed uno stile imbarazzante. Produce la Zoetrope della famiglia Coppola e, a onor del vero, il trailer prometteva tutti i brividi che il film (complice una recitazione urlata fino a provocare nausea e capogiri) non riesce ad offrire in un rapido spreco di buone intenzioni. Tensione smorzata anzitempo, linearità che tarpa le ali ad un villain presentato come il Freddie Krueger del nuovo millennio. Bidimensionali i personaggi di contorno: la vecchia tuonata che alleva gatti e spara come Clint Eastwood; le forze dell’ordine inamidate; la veggente ansiosa di fornire un (confuso) punto della situazione. Si fa il tifo per il mostro fin dai primi minuti, questo è certo. Potenza di una sceneggiatura inconsistente, fitta di dialoghi grossolani, lo spettatore non può far altro che schierarsi dalla parte del demone camionista (un tipo all’antica, legato alle belle canzoni di una volta) e incitarlo a fare a pezzi Darry, odioso teenager in viaggio verso casa insieme alla sorella Trish, belloccia e saputella quanto basta. Il cattivo salta fuori ogni 23 anni, nutre ambizioni artistiche (tra Michelangelo e Jeff Koons, a giudicare dalle ‘operè in mostra), sniffa indumenti usati, predilige le amicizie maschili e di sicuro non ha un guardaroba firmato. Lui è OK, insomma. Tutto il resto fa schifo. Pesante e convenzionale come un meccanismo disneyano, Jeepers Creepers non ha pelle horror. Pur simulandone una (i classici Universal di una volta, dei quali Salva sostiene di essere perdutamente innamorato), sfugge a tutto ciò che dovrebbe essere in gioco senza varcare il confine dello sfruttamento del genere e, ovviamente, del prodotto in serie (un secondo episodio in arrivo, un terzo già in cantiere). Per un omaggio al classico di Jack Arnold Creature of the Black Lagoon (1954) nel look del demone, ci sono troppi vuoti, troppe forzature che smorzano l’entusiasmo di chi auspica/sogna un ritorno dell’horror sul grande schermo dopo più di un decennio di oblìo coatto nel mercato home video. Svogliato e modesto proprio perché legato alle esigenze di un mercato che non ammette deragliamenti, fuoriuscite dal canale blockbuster, Jeepers Creepers confluisce nell’immensa palude dello spavento patinato in confezione ‘indiè. La stessa, per intenderci, di Radio Killer, The Hole e, prima ancora, degli Scream griffati Wes Craven. (V. L.)
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