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Regia: Ferzan
Ozpetek |
Interpreti:
Giovanna Mezzogiorno, Raoul Bova, Massimo Girotti, Filippo Nigro |
Soggetto e Sceneggiatura:
Gianni Romoli, Ferzan Ozpetek |
Scenografia:
Andrea Grisanti |
Fotografia:
Gianfilippo Corticelli |
Costumi: Catia
Dottori |
Musiche: Andrea
Guerra |
Montaggio:
Patrizio Marone |
Prodotto da: Tilde
Corsi & Gianni Romoli, per R&C Produzioni Srl |
Paese: Italia
Anno: 2003 |
Durata: 106' |
Distribuzione
cinematografica: Mikado |
Sito ufficiale:
www.lafinestradifronte.com |
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A
distanza di due settimane dall'uscita di Ricordati
di me arriva sugli schermi La finestra di fronte. I due
registi rivelazione al box office nella stagione 2001 tornano così ancora
appaiati in gara, come al tempo in cui i cavalli di battaglia si chiamavano
L'ultimo bacio e Le fate ignoranti.
Gabriele Muccino e Ferzan Ozpetek, entrambi
alla quarta prova, sembrano rappresentare le solite due facce della stessa
medaglia. Il primo è infatti un piccolo alieno di bravura formale (anche se
puramente c-o-m-m-e-r-c-i-a-l-e ed assolutamente privo di qualcosa da dire)
che è ingiusto attaccare con tanta ferocia purché smetta di prendersi sul
serio: dalle nostre parti il giovane regista romano è infatti il primo
esempio di cinema blockbuster ben confezionato, impacchettato ed
infiocchettato. Pare poco? Beh, visto che dagli anni '70 l'Italia è il paese
dell'approssimazione tecnica (ad eccezione di alcune rare isole autoriali a
budget medio-alto) bisogna davvero ringraziare il cielo (pensate a che punto
siamo arrivati...).
Ozpetek,
dall'altra, è il buon regista-autore asfissiato da un cordone ombelicale
ancora avvinghiato ai soliti difetti del nostro cinema, quello per
intenderci stancamente tradizionale e poco curato nei dettagli. Dalla sua ha
però una certa intelligenza registica, una grande sensibilità, un
meraviglioso amore per i suoi attori ed un'ottima padronanza della materia
drammaturgica, la quale rimbalza dentro un forte classicismo narrativo
vitalizzato da guizzi di scrittura assai personale.
In questo film, purtroppo, tali elementi si vanno indebolendo pagando cara
la scelta di riproporre ancora una volta il meccanismo forte de
Il Bagno Turco (la sua opera prima) e de
Le fate ignoranti: il leit motiv del Passato che dialoga con il
Presente, conducendo come una musa ispiratrice il protagonista alla
riscoperta della Vita e del suo Io più intimo, si fa più complicato, meno
armonico, un po' ambizioso e raramente poetico. Ma soprattutto il gioco
diventa stanco e ripetitivo, nonostante la Mezzogiorno
buchi lo schermo e Massimo Girotti
esprima tutta la malinconia di un uomo giunto alla fine dei suoi giorni.
Antonello Schioppa |