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Master & Commander:Sfida ai Confini del Mare |
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Come Gangs of New York, il kolossal di Martin Scorsese uscito esattamente un anno fa, Master & Commander è Hollywood, è cinema d’autore, è azione, è Storia. Con il risultato di centrare, a differenza delle sanguinose battaglie newyorkesi di Leo Di Caprio vs D. D. Lewis, il difficile equilibrio tra le dialettiche di pochi personaggi ed il destino politico del mondo al vertice dei suoi eventi cruciali. Peter Weir anticipa di qualche decennio la guerra di strada di Scorsese e trasferisce la sua “nascita di una nazione” nel mezzo dell’oceano, dove due “gangs”, quelle di Sua Maestà Britannica e quelle dell’invincibile Napoleone Bonaparte, si danno la caccia per determinare la nascita di un Continente, il destino della nuova Europa. Fu così che il gladiatore Russell Crowe si trasformò nel più intenso e sfumato Jack Aubrey, più noto come Jack Luky, “il fortunato”, capitano leggendario alla guida di una solitaria fregata inglese in corsa verso le Galapagos per acciuffare la potente e fulminea Acheron francese, la “nave fantasma”. Weir si mostra, oltre che notevole cineasta, uomo di mestiere nel fronteggiare i capi delle majors, e si muta in supremo alchimista nel dosare con meticolosità sangue, esplosioni e virtuosismi stilistici con una più massiccia dose di introspezione, scrittura, sobrietà visiva e romanticismo. Il film è tutto sull’equipaggio e la sua nave, e le vicende che vi abitano diventano la storia di un paese: l’Inghilterra, una terra in balia del destino e di una forza che sembra insuperabile. Ma il tracciato della Storia si trasforma, miglio dopo miglio, in percorso astratto e sotterraneo, esistenziale: quello del personale e misterioso viaggio dell’uomo e dei suoi incubi, e quello della Natura stessa, oscura, meravigliosa, crudele. Weir vira fino a sfiorare le intuizioni poetiche di Terrence Malick ne La Sottile Linea Rossa, mostra il cinema australiano che lo ha reso celebre con Picnic a Hanging Rock, trasla l’etica del “O capitano, mio capitano” de L’Attimo Fuggente nella didattica di guerra e di vita del capitano Jack sui suoi giovani apprendisti stregoni. E poi torna con il vento in poppa a tagliare i luoghi dell’avventura e della leggenda, quelli che saccheggiano nei romanzi di mare di Patrick O’Brian. E allora gran finale, fuoco ai cannoni e vittoria in nome di Sua Maestà. Per poi ripartire, nel gioco degli stratagemmi, del coraggio e della lealtà, verso l’orizzonte di una nuova impresa. Master & Commander è l’esempio di come lo spettacolo e l’action-movie possano includere un cinema che si specchia oltre la superficie più patinata, dando valore culturale e cinematografico alle esigenze natalizie, alla corsa degli Oscar, ed al buon vecchio intrattenimento. Se Scorsese si è dimostrato non sempre lucido nello schivare i tranelli più ovvi del cinema ad alto budget, Weir è riuscito ad evitare la forma ibrida che avvinghia la maggior parte dei progetti autoriali “ricchi” e “di cassetta”. Con coraggio ha impressionato sulla pellicola silenzio, attesa, tratteggio deciso dei personaggi e minuziose rifiniture storiche. Riempiendo le sale e stupendo gli occhi. Antonello Schioppa |
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