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Paris, Monmartre, anno 1899: il giovane scrittore
Christian (Ewan McGregor) sbarca dall'
Inghilterra in Francia alla ricerca di verità, libertà,
bellezza e soprattutto amore,stregato dal richiamo della
rivoluzione bohemienne. Insieme a un gruppo di
sgangherati amici - tra cui nientepopodimenoche Toulouse Lautrec!- mette in scena uno spettacolo
teatrale all'interno del leggendario Moulin Rouge,
innamorandosi ricambiato della bellissima Satine (Nicole
Kidman), ballerina, attrice e cortigiana del locale; ma il
ricco Duca finanziatore dell'opera pretende la ragazza in
cambio dei soldi, costringendo i poveri amanti a gelosie,
separazioni e tormenti di ogni genere. Il sublime sentimento
trionferà sul vile denaro, ma solo per poco: Satine è
infatti condannata a morire di tisi tra le braccia di
Christian, al quale rimarrà solo il poterla ricordare per sempre.
Che Baz Luhrmann avesse talento era già chiaro da Romeo + Juliet, ma dopo
Moulin Rouge può essere
addirittura considerato l'artista migliore e più promettente
tra i registi di nuova generazione, preparandosi a superare (e
il paragone viene spontaneo non solo per la presenza dei vari
McGregor o DiCaprio ma soprattutto per un gusto visivo e un
uso degli effetti speciali molto simile) il maestro Danny
Boyle, che dopo il cult Trainspotting si
è progressivamente avvicinato a quella morte artistica che
teorizzava il suo Sick Boy parlando di Sean Connery. E'
difficile dire dove risieda esattamente la straordinaria forza
di questo strano musical: di certo non nella trama, perché
quello che Luhrmann ha voglia di fare e fare vedere,
nonostante lo dichiari, non è una semplice love story, bensì
un enorme calderone di musica e colori e confusione, felicità
e sofferenza, amore e morte, tradimenti e bugie e promesse e
sacrificio, così come lo era il vero Moulin Rouge,
quello che animava le notti di Parigi a cavallo di
secolo. Gli attori sono eccezionalmente bravi e belli, il
ritmo non cede mai di un soffio, le battute sono sinceramente
divertenti, la storia d'amore rischia persino di commuovere
(ma con la correttezza di comunicare fin dal primo minuto la
prossima morte della protagonista, anziché tenerla come
sorpresuccia finale come facevano film ignobili quali
City of Angels); e la musica, la musica soprattutto! Gli
splendidi arrangiamenti coordinati da Simon Ledley mischiano
Christina Aguilera ai Nirvana, Marilyn a
Madonna,
gli U2 ai
Beatles a Elthon John a David Bowie (e
c'è persino la citazione da Tutti insieme appassionatamente),
in una strabiliante dichiarazione d'amore al meglio del
rock/pop dello scorso secolo, che senza paura di ammiccare al
pubblico pur di coinvolgerlo riesce a farlo come forse
riusciva a fare solo The Rocky Horror Picture Show.
Quando il sipario si chiude verrebbe voglia di applaudire o di
riguardarsi il film daccapo avendo sotto gli occhi i testi
delle canzoni, per cantare assieme ai protagonisti: finalmente
il cinema ritrova la voglia di entusiasmare senza far melassa,
di scriversi per il pubblico e non per il narcisismo del suo
regista e di giocare a pasticciare con i colori e con i suoni.
Una bella ventata di aria fresca, non c'è che dire.
Valentina
Soluri
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