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Regia: Andrew Niccol |
Interpreti: Al Pacino, Rachel Roberts,
Winona Ryder, Darnell Williams, Jim Rash, Ron Perkins, Jay Mohr,
Catherine Keener, Evan Rachel Wood, Jeffrey Pierce, Pruitt Taylor Vince,
Jason Schwartzman, Stanley Anderson, Daniel von Bargen |
Sceneggiatura: Andrew Niccol |
Fotografia: Edward Lachman A.S.C |
Montaggio: Paul Rubell A.C.E. |
Scenografia: Jan Roelfs |
Costumi: Elisabetta Beraldo |
Musiche: Carter Burwell |
Produzione: Andrew Niccol e Brandley
Cramp, Lynn Harris, Michael De Luca |
Distribuzione: NEXO |
Nazione: USA
Anno: 2002 |
Durata: 104' |
Sito Ufficiale:
http://www.s1m0ne.com/ |
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I grandi registi riescono a catturare in una
pellicola tutte le più piccole sfumature di un essere umano trasformando
pochi secondi in poesia. È compito di un attore essere una bambola di stoffa
nelle mani di un burattinaio, annullare se stesso tramutandosi completamente
in un altra persona, entrare in una complicità di intenzioni che rendono il
lavoro complessivo arte pura. Quasi nessuna star del cinema accetterebbe
queste condizioni, il super io non permette simili compromessi, ma un pc non
ha un ego, fa quello che gli si chiede di fare.
Viktor Taransky ( Al
Pacino) lungo tutto il film è l’emblema della creatività
soffocata
che ricerca nuove forme d’espressione attraverso un interprete capace
d’essere la sua ombra. Sim(ulation)one
è l’attrice perfetta, una marionetta di pixel partorita da una scheda
grafica, il sogno di ogni uomo. Completamente nelle sue mani, questa donna
virtuale può tramutarsi nell’idea esatta che ha in mente senza limitazioni
di carattere morale ed economico, ma può anche iniziare ad avere una vita
propria, rilasciare interviste ed andare a feste mondane, tutti piccoli
stratagemmi per farla diventare sempre più vera, una nuovissima forma d’arte
che tramuta il falso scenico in realtà. Il regista diventa attore e poi
personaggio, ma in questo processo evolutivo sviluppa due coscienze
differenti, una è Viktor e l’altra è Simone. Il passaggio viene evidenziato
durante la cerimonia degli Oscar, la vincitrice è la diva virtuale che in
falso collegamento esterno dimentica di ringraziare il suo mentore che altri
non è che se stesso. Trovo questo l’attimo più intelligente di tutto il
film, due persone che coesistono nello stesso corpo con due vite
completamente autonome, come a volerci svelare i segreti del mestiere di un
attore. Alcuni metodi recitativi impongono, infatti, la creazione di un
lungo antefatto, cioè una sorta di ricostruzione dei ricordi del
personaggio, portando all’immedesimazione totale, proprio come avviene qui.
Andrew Niccol
attraverso la sua controparte cinematografica, ci mostra tutte le sue paure
e desideri e lo fa con grande ironia, ma nello stesso tempo profetizza il
cinema di prossima venuta. Negli ultimi anni siamo stati bombardati da divi
virtuali e film in digitale e sempre più di frequente si confonde il cinema
con l’animazione grafica, sarà stato questo il motivo che impone la scelta
di utilizzare Rachel Roberts per la parte di
Simone, mirata a distinguere due forme espressive differenti.
Il
cast è ben bilanciato, quasi a voler dimostrare che gli attori di carne sono
insostituibili. Un film sulla realtà virtuale dove nessun androide
riuscirebbe a rimpiazzare l’esilarante Al Pacino o la nevrotica Catherine
Keener, entrambi bravissimi in questa esperienza comica o la stronza
Winona Ryder che gioca alla diva di turno.
Un' occhiata divertente e piacevole sul
futuro della comunicazione che non raggiunge totalmente i ritmi di
The Truman show, ma conserva lo stile
già collaudato del suo predecessore.
Massimo Macchia |