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SEX IS COMEDY

 

Anne Parillaud in Sex is comedy

Regia: Catherine Breillat

Interpreti: Anne Parillaud, Grégoire Colin, Roxanne Mesquida, Ashley Wanninger

Sceneggiatura: Catherine Breillat

Fotografia: Laurent Machuel

Montaggio: Pascale Chavance

Produzione: Jean-François Lepetit

Selezione Musiche: Pascale Chavance, Pedro Marques

Suono: Yves Osmu, Yves Leveque, Felipe Gonçalves

Durata: 92'
Paese: Francia Anno: 2002
Distribuzione: Sharada
Sito ufficiale: www.sexiscomedy.com
   

Appunti sul porno(cine)matografo secondo Catherine Breillat

Un set cinematografico si sistema a piedi nudi sulla costa portoghese per filmare una romance (X?) di spiaggia tra una giovanetta vergine e un ragazzo. Di questa storietta seguiremo solo l’essenziale: l’incontro dei corpi come corrida dei desideri. Questo film viene dalla voglia di rispondere alla fascinazione mediatica per la scena dello sverginamento dell'ultimo À ma soeur. Al girare (una Nuit américaine di più) si aggiunge in atti il desiderio e l'etica del girare.

 

Jeanne la missionaria

L’attrice è potuta essere scelta tanto per la sua giovanezza quanto per il suo nome, che mira il suo corpo: Mesquida, in spagnolo mezquita cioè moschea, tempio sacro, cinta inviolabile/da violentare. Roxanne era già la giovane di À ma soeur, in qualche modo già conosce il proprio ruolo e si fa sverginare un'altra volta.

"Il teatro di posa, è la chiesa, il luogo della Parola" Così Jeanne introduce il luogo dove si deve girare il coito finale.

Anne Parillaud è questa volta il doppio erotizzato della Breillat mandato da lei nel SEX IS COMEDYsuo film. E riesce per questo a essere più che la portavoce cri(pt)tica; trova una bellezza di illuminata, una forza mistica da grande predicatrice della Parola Rivelata. La parola, ce l’ha lei sola, vero centro di ogni dialogo, parla a tutti, tutti parlano a lei. Non si dice (quindi non si fa) niente senza che lei ci sia. Sono moltissimi questi personaggi secondari, quasi (s)comparse che sono pretesti a un monologo da creatrice. E sopratutto questo pallido primo assistente, assistente assente, assistente pretesto, sempre qua, sempre a ricogliere la parola, senza importanza "lui, è nulla" dirà l’attore, forse è un po’ crudele: è l’orecchio dello spettatore. Il viso tremante filmato di fronte porta questi monologhi dialoghizzati. Non si chiama Jeanne per caso, La Parillaud ha dovuto vedere la Giovana d’Arco di Dreyer e cerca di introdurre la sua Jeanne nella famiglia. Rivelazione sacra del desiderio nella sua carne, le immagini vengono dalla regista (è il suo mestiere creare la materia dei corpi con la parola) e esistono attraverso la sua bocca (commenta tutto, dice ciò che c’è da vedere). Sembra che nel sacro l’energia (il desiderio di film) si trasferisca senza perdita.

Questo bisogno di verità rivela il progetto di un cinema ossessionato dal corpo muto, dal desiderio e la sua violenza. La Breillat rinuncia alla storia particolare di una sessualità e sceglie di filmare la sessualità. Come se queste storie particolari che hanno scandalizzato/fascinato le permetessero adesso di fare un discorso più saggistico sulla sessualità.

 

Siamo il desiderio della nostra carne

C’è solo l’atto che conta, che racconta, che dice.

"Le parole, sono le bugie, i corpi, è la verità".

Ma la verità dei corpi non è più muta (nuda?), dice lei. L'occhio frega la materia SEX IS COMEDYdel corpo per trovare dell’anima, la verità del desiderio. Ma questa verità non è una.

Più che altro (comunione), il sesso è corrida.

Il tempo delle riprese prosegue la logica del passaggio all’atto. L’azione mira a consumare la vergine. Comincia con il bacio sulla spiaggia, si chiude sulla prima penetrazione nel letto. Questa scena è appunto una corrida: la ragazza col corpo coperto tra il seno e il sesso di una roba rossa si fa penetrare da dietro. Se c'è nello sfondo la consunta metafora della corrida come sacrificio sessuale alla spagnola (ancora ultimamente habla con ella), c'è nel quadro un dipinto forse religioso (una natura morta?). Si possono ricordare questi abozzi di André Masson che lega i due corpi del coito in una corrida interna.

Il desiderio di mettere a nudo l’atto sessuale proprio, di fare verità su di esso, suppone della parte dei corpi in presenza che siano abitati.

"Il cinema, è l’incarnazione" riassume Jeanne in una formula baziniana. "Un atto umano senza incarnazione è osceno". È così che la Breillat sembra correggere Bazin (padre intellettuale di Truffaut), il quale vietava sotto il nome del realismo la rappresentazione frontale della morte e dell’amore. Il problema è etico (l’incarnazione) più che ottico (l’angolo). La pornografia è un fatto disincarnato, perciò L’impero dei sensi non sarà osceno mentre una qualunque scena di donna nuda sotto la doccia può esserlo senz'altro (piano fatto "pour se rincer l'oeil", letteralmente: "per risciacquarsi l'occhio", giudica Jeanne). Il cinema pornografico è rimasto bloccato alla ripetizione meccanica (la prima dopo la sistemazione del set) dell’amore.

Per gli attori, la parola d’ordine è la purezza della presenza ("finchè abbiamo paura di essere osceno, siamo osceno") e quando Jeanne perviene in questa SEX IS COMEDYscena finale a strappare dalla ragazza il grido del sacrificio del desiderio, del defloramento, tutto il set è sconvolto. Un bel piano, frutto di un lungo lavoro sui corpi con emozioni contradittorie (odio/indifferenza dei due attori, odio/amore della regista per i suoi attori), un lavoro di abitazione.

Ritroviamo questo vecchio discorso occidentale sul rapporto opposto tra corpo e anima ma per la Breillat è chiaro che l’unica anima dell’uomo è il desiderio.

 

Il corpo deserto è un rischio permanente.

Il cazzo di plastica che servirà al ragazzo per l’ultima scena (cena?).Per nascondere/mostrare l’atto e violentare/proteggere la donna è forse il simbolo proprio di questa desertificazione del corpo dal desiderio. Il fallo eretto in plastica è uno scettro ridicolo perchè è vuoto di desiderio, quindi di potere.

L’arrivo di questo fallo dà al ragazzo una profonda angoscia. Sogna se stesso in un Priapo che muore sterrato dall’ingrandimento del suo sesso. La vampirizzazione dell’uomo dalla sua propria sessualità fa pensare all’uomo dell’Impero dei sensi, che si chiede risvegliandosi con il sesso nelle mani della sua amante se il suo cazzo fa ancora parte di lui. Infatti, se ne distaccherà quando verrà finita la corrida. Il fallo è passato dal carnale al simbolico. In questo film, siamo imbarazzati da un fallo che non riesce a incarnarsi. Questo sogno si indirizza più che altro alla regista stessa che vuole infatti controllare il materiale dei corpi desideranti dei attori. C’è anche uno sguardo divertito su questo oggetto, poco offensivo, una curiosità senza angoscia, c’è un sereno ritorno dell’oggetto, SEX IS COMEDYche non è più perso ma che porta ancora con se un potentialità magica. La Breillat ha già commesso un atto apertamente blasfemo sul fallo: in Parfait amour!, l’assassino usa la scopetta del bagno per lo stupro. Qua è uno sguardo così sereno quello di Sophie Calle quando parla amichevolmente del cazzo del suo amico che piscia e comincia a immaginare una galleria dei cazzi che lei ha conosciuto o che hanno conosciuto lei (No sex last night).

 

Sex (XX) versus comedy (XY).

Che sia mascalzone o carino, l’uomo porta la colpevolezza della violenza sessuale. Fin dalla seduzione del flirt sulla spiaggia ("Non fare. Costringere i ragazzi a fare...") al defloramento ("Lei ha voglia di farsi prendere. Vuole solo che sia lui il colpevole"). È così che la Breillat (si) rappresenta il rapporto uomo/donna nel desiderio sessuale. In due scene preparatorie, Jeanne fa la parte dell’uomo spiegando le cose al ragazzo. "Ogni attore è una donna".

"Li odio come non mi amano".

La regista Jeanne è al centro della rete verbale e il suo desiderio di film è quello che tende tutta la storia. Tutto è costruito su questo desiderio di vedere, il più insoddisfabile che ci sia perchè non sta nella presa ma nell’occhio della regista che dà senso alla presa.

Esige il cambio del letto dalla decoratrice, perchè al cinema si fa l’amore su letti duri, non si può fare su dei letti molli. Forse è anche perché questo letto è il tavolo di lavoro, dei disegni di Catherine Breillat. L’ha detto Jeanne all’inizio, "L’attore è un fachiro, deve camminare su un tappeto di braci".

Il corpo non si deve sprofondare, deve SEX IS COMEDYessere quadrato, inquadrato, intensamente presente, la carne desiderante in pieno campo come nei quadri di Francis Bacon.

Il corpo degli attori appartiene al desiderio del film.

Senza questa macchina desiderante, questa santa Jeanne regista-regina al centro del discorso che anima (e restringe...) tutto il film sarebbe meno un film che un saggio sul cinema. La linearità narrativa, il tono esplicito, la dominazione di un personaggio sul gruppo degli altri, anche la rivendicazione di uno sguardo d’autore che guarda se stesso e l’estrema verbalizzazione forse fanno di questo film ancora un saggio.

C’è e c’era l’angoscia nella ricerca ossessionata di Catherine Breillat (36 fillette, Parfait Amour!), con questo film si può dire che c’è anche qualche certezza e una certa gioia.

e ancora…"Mi piaciono le zone industriali" dice Jeanne arrivando allo studio, come "luoghi di piacere mutilato".

Olivier Pagani

abracadabr@free.fr