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SPIDER-MAN di Antonello Schioppa

 

Spider-man è un film ibrido e senza personalità, e si poterebbe finirla qui, salvando in angolo Tobey Maguire e Kirsten Dunst e rimandando tutto indietro a quelli della Columbia-Sony sotto forma di pacco-bomba.

Che non si spendono 100 milioni di dollari per fare dell’arte, questo si sa, ma un po’ d’intelligenza, di stile e di creatività? A quanto pare il Batman di Tim Burton è un esempio produttivo destinato a non avere seguito. Dieci anni di attesa per un progetto che è passato per le mani di molti nomi hollywoodiani, James Cameron compreso. E alla fine? I bambini rimpiangeranno di non essere rimasti a casa a giocare con la Playstation e i grandi si chiederanno perché continuano a farsi abbindolare dalla pubblicità. E pensare che dietro la macchina da presa ci dovrebbe essere Sam Raimi: scordatevelo! Tirando le somme: regia inesistente, sceneggiatura da crampi. Gli effetti speciali? Oh si, quelli si vedono eccome: l’unica cosa che le majors hanno ancora il coraggio di proporre agli spettatori. Inutile come un videogame a cui non si può partecipare, questa è solo robaccia per adolescenti americani, ennesimo mediocre blockbuster da regalare in omaggio con gli happy meal di Mac Donald.

Il problema che ci si propone nella trasposizione di un celebre eroe dei comics che vanta quarant’anni di carriera è: quale versione del percorso scegliamo? Vogliamo le strips brillanti degli anni sessanta o quelle più cupe e grottesche della gestione Mc Farlane? Rispettiamo o tradiamo il personaggio, ricalchiamo o reinventiamo? La soluzione dello sceneggiatore (David Koepp) è stata: ripartiamo dal primo numero (1962) di Amazing Spider Man (errore colossale: che bisogno c’è di occupare metà film per raccontare in maniera banale l’evoluzione di un personaggio che tutti conoscono?) e trasportiamo l’ambientazione dagli anni sessanta ad oggi, scaricando magari tutto ciò che Stan Lee aveva dato di interessante al personaggio: ovvero il paradossale rapporto di Peter Parker con l’apprensiva Zia May ed i dialoghi brillanti ed eccentrici, carichi della spensierata ingenuità del decennio in cui il super eroe ha visto la luce. Spider-man è oggi purtroppo un personaggio datato, scavalcato negli Usa dalle bizzarre ed ultraviolente invenzioni delle nuove case fumettistiche (la Image di Spawn), ma che alla sua nascita rivoluzionò il panorama del duopolio Marvel/DC comics, inaugurando un nuovo prototipo si super eroe: niente più uomini in maschera celebrati e potenti (Capitan America, I Fantastici Quattro, Super Man…) ma un essere emarginato, odiato, solitario, costretto a fare i conti con un costumino striminzito e attento a non dover far tardi a cena per non impensierire la povera e materna zia. Un semplice e timido teen-ager che con l’acquisizione dei poteri di un ragno aveva contratto una serie enorme di problemi e responsabilità. Il primo uomo mascherato dietro il quale si nascondeva un comune adolescente.

Dell’arrampicamuri purtroppo oggi non rimane che un relitto fantasma alla deriva nell’immaginario collettivo. E il film di Raimi non fa molto per rinnovare la creazione del geniale Stan Lee. Se il cattivo di turno, il folletto verde Goblin, è stato ben ridisegnato, per il resto andatevi a rivedere il malvagio spessore di Jack Nicholson in versione Joker.

Incassi stratosferici a parte (se riesce ad incassare Lucas con il nuovo disneyano Star Wars…) di questo spider-man rimarranno nella memoria solo gli infiniti credits finali ed una annunciata e corposa colonna sonora praticamente inesistente nella pellicola, accompagnata esclusivamente dalle sinfonie di mestiere di un Danny Elfman fuori luogo (perchè diavolo torturare il compositore di Batman?).

Consiglio fraterno ai fans in calzamaglia che avranno il coraggio di affrontare la proiezione: quando sentirete il desiderio irrefrenabile di fuggire dalla sala in lacrime alla fine del primo tempo, chiudete gli occhi e perdetevi in un giochino sado-enigmistico cercando di elencare le inutili piccole differenze tra fumetto e film (la rossa Mary Jane al posto della candida segretaria Betty Brant, Flash Thompson fidanzato con M. J. invece che con la biondona Gwen Stacy, le ragnatele che fuoriescono dai polsi invece che dal marchingegno creato dallo stesso Parker, eccetera, eccetera, eccetera…Mah.) E per protesta, noi che non temiamo le multinazionali, non vi mostriamo neanche un’immagine del film ma solo il semplice e tenero ricordo del buon vecchio S-P-I-D-E-R-M-A-N bidimensionale.