Spider-man
è un film ibrido e senza personalità, e si poterebbe finirla qui, salvando
in angolo Tobey Maguire e Kirsten Dunst e rimandando tutto indietro a quelli
della Columbia-Sony sotto forma di pacco-bomba.
Che non si spendono 100 milioni di dollari per fare dell’arte, questo si sa,
ma un po’ d’intelligenza, di stile e di creatività? A quanto pare il Batman
di Tim Burton è un esempio produttivo destinato
a non avere seguito. Dieci anni di attesa per un progetto che è passato per
le mani di molti nomi hollywoodiani, James Cameron
compreso. E alla fine? I bambini rimpiangeranno di non essere rimasti a casa
a giocare con la Playstation e i grandi si chiederanno perché continuano a
farsi abbindolare dalla pubblicità. E pensare che dietro la macchina da
presa ci dovrebbe essere Sam Raimi:
scordatevelo! Tirando le somme: regia inesistente, sceneggiatura da crampi.
Gli effetti speciali? Oh si, quelli si vedono eccome: l’unica cosa che le
majors hanno ancora il coraggio di proporre agli spettatori. Inutile come un
videogame a cui non si può partecipare, questa è solo robaccia per
adolescenti americani, ennesimo mediocre blockbuster da regalare in omaggio
con gli happy meal di Mac Donald.
Il problema che ci si propone nella trasposizione di un celebre eroe dei
comics che vanta quarant’anni di carriera è: quale versione del percorso
scegliamo? Vogliamo le strips brillanti degli anni sessanta o quelle più
cupe e grottesche della gestione Mc Farlane? Rispettiamo o tradiamo il
personaggio, ricalchiamo o reinventiamo? La soluzione dello sceneggiatore (David
Koepp) è stata: ripartiamo dal primo numero (1962) di Amazing Spider
Man (errore colossale: che bisogno c’è di occupare metà film per raccontare
in maniera banale l’evoluzione di un personaggio che tutti conoscono?) e
trasportiamo l’ambientazione dagli anni sessanta ad oggi, scaricando magari
tutto ciò che Stan Lee aveva dato di interessante al personaggio: ovvero il
paradossale rapporto di Peter Parker con l’apprensiva Zia May ed i dialoghi
brillanti ed eccentrici, carichi della spensierata ingenuità del decennio in
cui il super eroe ha visto la luce. Spider-man è oggi purtroppo un
personaggio datato, scavalcato negli Usa dalle bizzarre ed ultraviolente
invenzioni delle nuove case fumettistiche (la Image di Spawn), ma che alla
sua nascita rivoluzionò il panorama del duopolio Marvel/DC comics,
inaugurando un nuovo prototipo si super eroe: niente più uomini in maschera
celebrati e potenti (Capitan America, I Fantastici Quattro, Super Man…) ma
un essere emarginato, odiato, solitario, costretto a fare i conti con un
costumino striminzito e attento a non dover far tardi a cena per non
impensierire la povera e materna zia. Un semplice e timido teen-ager che con
l’acquisizione dei poteri di un ragno aveva contratto una serie enorme di
problemi e responsabilità. Il primo uomo mascherato dietro il quale si
nascondeva un comune adolescente.
Dell’arrampicamuri
purtroppo oggi non rimane che un relitto fantasma alla deriva
nell’immaginario collettivo. E il film di Raimi non fa molto per rinnovare
la creazione del geniale Stan Lee. Se il
cattivo di turno, il folletto verde Goblin, è stato ben ridisegnato, per il
resto andatevi a rivedere il malvagio spessore di Jack Nicholson in versione
Joker.
Incassi stratosferici a parte (se riesce ad incassare Lucas con il nuovo
disneyano Star Wars…) di questo spider-man rimarranno nella memoria solo gli
infiniti credits finali ed una annunciata e corposa colonna sonora
praticamente inesistente nella pellicola, accompagnata esclusivamente dalle
sinfonie di mestiere di un Danny Elfman fuori
luogo (perchè diavolo torturare il compositore di Batman?).
Consiglio fraterno ai fans in calzamaglia che avranno il coraggio di
affrontare la proiezione: quando sentirete il desiderio irrefrenabile di
fuggire dalla sala in lacrime alla fine del primo tempo, chiudete gli occhi
e perdetevi in un giochino sado-enigmistico cercando di elencare le inutili
piccole differenze tra fumetto e film (la rossa Mary Jane al posto della
candida segretaria Betty Brant, Flash Thompson fidanzato con M. J. invece
che con la biondona Gwen Stacy, le ragnatele che fuoriescono dai polsi
invece che dal marchingegno creato dallo stesso Parker, eccetera, eccetera,
eccetera…Mah.) E per protesta, noi che non temiamo le multinazionali, non vi
mostriamo neanche un’immagine del film ma solo il semplice e tenero ricordo
del buon vecchio S-P-I-D-E-R-M-A-N bidimensionale.
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