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TANGUY di Valentina Soluri |
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Studente brillante, Tanguy non cerca un lavoro; cordiale con gli amici di famiglia, è sempre tra i piedi; amato dalle donne, ne porta a casa una diversa ogni sera (ed ogni successiva colazione con gli increduli genitori). Quando persino l'appartamentino pagato dal papi apposta per levarselo di torno non si rivela una buona idea (Tanguy ha crisi di panico e homesickness), avrà inizio una guerra all'ultimo colpo basso tra generazioni, fino al lieto fine mica tanto lieto: solo facendosi una famiglia (o meglio facendosi adottare da quella della moglie) dall'altra parte del mondo Tanguy e i genitori riusciranno ad andare d'accordo.
Divertente e graziosa la commedia di Etienne Chatiliez, che ben si inserisce nel nuovo spensierato filone francese (Il favoloso mondo di Ameliè, La cena dei cretini) presente con sempre più pellicole nelle sale. Pur partendo da un tema fin troppo inflazionato dalla cronacuccia di costume (il dibattito anche italiano sugli eterni mammoni e il dramma del mantenimento), Tanguy si mantiene ben lontano da qualunque riflessione etica (chi ha ragione? Gli esauriti genitori o il figlio modello?) a vantaggio di una sceneggiatura che sceglie la pura gag come chiave di successo; e riesce perfettamente nell'intento di far ridere, grazie a un umorismo della sorpresa che colpisce dove meno ce lo si aspetta ("Perché non invitate più amici a cena?" "Te lo dirò: perché nostro figlio ci rompe i coglioni!" esclama all'improvviso il fino allora placidissimo padre) e a un quartetto di attori spumeggianti (fantastica la colorata nonna paterna, sempre ironica e scettica sull'autonomia di Tanguy). Non un capolavoro, ma un film di cui il cinema ha bisogno per tirare il fiato e restare prima di tutto un piacere.
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