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The Eye |
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The Eye non è un semplice film horror, ma un viaggio introspettivo nell’analisi delle coscienze, una prova ben riuscita di due registi di Hong Kong. La storia sembra essere un mix tra Stephen King e Edgar Allan Poe raccontata da una regia che ricorda David Fincher. Gli Horror degli ultimi anni ci hanno abituato a vedere l’oggetto della nostra paura, quasi volessimo esorcizzarlo in qualche maniera. La riflessione orientale ci conduce invece in un dramma interiore che si proietta esternamente coinvolgendo un'unica persona, la protagonista. Mann diviene suo malgrado la vittima ed il carnefice di se stessa. È vittima perché ha ricevuto un potere che non riesce a gestire, è carnefice perché diventa la causa della sua sofferenza rifiutando il proprio dono. L’evoluzione della trama è una sorta di cammino spirituale nel proprio io e nella comprensione dell’animo umano. All’inizio del film la macchina da presa ci trasporta nel mondo buio e tattile della protagonista. I continui particolari degli oggetti, dei corpi, le riprese all’altezza dei piedi e l’alternarsi di uno schermo nero ci trasmettono quasi l’illusione di percepire l’ambiente attraverso l’utilizzo di soli quattro sensi. Dopo i primi dieci minuti questo universo tattile viene ricondotto ad una dimensione visiva che coincide con l’operazione di trapianto della cornea, qui l’inizio della paura, dove tutto è spaventoso. Oxide e Danny Pang riproducono in immagini la delicata rottura dell’animo umano che si trova di fronte a qualcosa di ignoto, una gioia mista a terrore che non sappiamo distinguere. Immaginate di aver conosciuto il mondo solo attraverso i suoni, i sapori, il tatto e gli odori ed ora vi ritrovate come bambini catapultati in una nuova dimensione fatta di figure a cui non sapete dare un nome e la vostra stessa immagine vi inquieta. Questa seconda fase del film è il vero motore di paura, la paura di sentire bussare dietro la porta di casa e non trovare nessuno come insegna Poe, ma anche la paura di aver perso l’unica armatura che ci difende dagli altri. I fantasmi che inizialmente incontra Mann vengono scambiati per semplici persone, ma quando il loro dolore penetra dentro di lei rendendola "Testimone dell’orrore" cade nel panico e si rifiuta di guardare. Il ritorno al buio segna la morte interiore e l’inizio della terza parte dove la cassandra d’oriente viene finalmente creduta da un uomo Wah (Lawrence Chow). Non è una casualità che questo ultimo personaggio sia uno psichiatra, un rappresentante della ragione che vacilla di fronte ai mille aspetti dell’uomo. La rinascita si compie attraverso la ricerca ed i fantasmi diventano anime dei cari che ritornano per un ultimo saluto o spiriti affini come Ling (Chucha Rujihanon). La solitudine che si rompe scoprendo che esiste qualcun altro che ha vissuto ciò che noi viviamo ed è allora che Mann e Ling diventano facce di una stessa persona, una ragazza sola perché cieca dalla nascita, l’altra perché intermediaria di due mondi, due vite distanti ma con lo stesso destino. La prima ereditando la vista dell’altra sottolinea il gemellaggio e quando s’incontreranno il loro vissuto si mescolerà ed il viaggio sarà completato. The Eye è un piccolo progetto che mostra l’avvento di nuovi registi dalla terra d’oriente che non hanno ancora la giusta maturazione narrativa di grandi autori, ma lasciano ben sperare. Il consiglio è di non cadere nella trappola pubblicitaria di semplice film horror, perché potrebbe deludervi e soprattutto non aspettatevi un Sesto Senso cinese, perché non ha niente in comune con il film di M. Night Shyamalan. I fratelli Pang superano di gran lunga il film americano e ci regalano delle immagini affascinati e poetiche, riuscendo a trasmetterci l’universo tattile/onirico/umano di Mann con grande sensibilità dimostrando ancora una volta che non è necessario scimmiottare i grandi autori come il sopra citato e che il cinema è fatto anche di piccole cose.
Massimo Macchia |
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