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UBRIACO D'AMORE

   

Adam Sandler in UBRIACO D'AMORE di Paul Thomas Anderson

Titolo originale: Punch-Drunk Love

Regia: Paul Thomas Anderson

Interpreti: Adam Sandler, Emily Watson, Philip
Seymour Hoffman, Luis Guzman, Rico Bueno ,
Hazel Mailloux, Julie Hermelin, Salvador Curiel ,
Jorge Barahona, Ernesto Quintero

Soggetto: Paul Thomas Anderson

Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson

Fotografia: Robert Elswit

Scenografia: William Arnold

Costumi: Mark Bridges

Musica: Jon Brion

Montaggio: Leslie Jones

Produzione: Paul Thomas Anderson, Daniel Lupi, Joanne Sellar per Ghoulardi Film Company/New line Cinema/Revolution Studios

Paese: Usa Anno: 2002

Durata: 95'

Distribuzione: Columbia Tristar Italia

Sito ufficiale: www.ubriacodamore.it

   

"Punch-drunk": espressione intraducibile. "Uno che è ubriaco al punto che  si sente come se gli avessero tirato delle mazzate" spiega il regista. Il regista è Paul Thomas Anderson. Nasce trentatrè anni fa in California ed è esordiente a soli ventisei anni con Sydney (invisibile in Italia); a ventisette è autore di una pellicola corale, matura e personale come Boogie Nights (in cui recupera il personaggio immaginario di Dirk Diggler ispirato al re del porno John Holmes, già soggetto del suo primo cortometraggio), ed infine a trent'anni è Orso d'oro a Berlino con il notevolissimo Magnolia.
Paul Thomas AndersonL'unica possibile spina nel fianco della pellicola è qualche sterzata non autorizzata nell'aurea surreale di Joel ed Ethan Coen (The
Big Lebowski in particolare), colossi del cinema colto-popolare americano di ultima generazione.
E come i due geniali fratelli che hanno fondato il loro personalissimo filone d'oro sulla rielaborazione grottesca dei generi classici hollywoodiani (dal noir alla commedia di Preston Sturges), Anderson in questa sua nuova prova compie un viaggio consapevole e solido nei "tempi moderni" di Chaplin e Tati, sparandoci dentro assoli di romanticismo anni quaranta e revisioni tecniche al cinema sperimentale d'annata.
Punch-drunk love è una fredda storia d'amore densa di improvvise correnti calde, fatta di asettici spazi metropolitani, gelidi frigoriferi di supermercati, tristi interni d'appartamento, deprimenti hot-line criminali, sonorità dodecafoniche e movimenti di macchina kubrickiani: l'omino blu del film di Anderson, Adam Sandler, è filmato e sonorizzato nei suoi spazi chiusi come gli omini bianchi di
2001: Odissea nello spazio spinti verso la deriva dell'universo. E come nel prologo del capolavoro di Kubrick, l' "uomo scimmia" in giacca e cravatta di Anderson, anch'esso al limite della sopravvivenza, si ritrova di fronte al monolite che darà inizio alla sua rigenerazione. Così la periferia di Los Angeles diventa un'astronave persa nello spazio, e il disagio del cAdam Sandlerontatto con un mondo estraneo entra sotto pelle morbidamente ma inesorabilmente, trasformando una banale storia d'amore (in assoluto secondo piano) in un trip allucinato.
Se la sua materia narrativa e il suo stile possono dividere i giudizi, con questo quarto lungometraggio il regista dimostra come sia dotato di uno spessore cinematografico oggettivamente inconfutabile, capace com'è di saper giocare e riflettere su tutti gli strumenti che il linguaggio audiovisivo possiede e saperli piegare con forza ed intelligenza ad un cinema in bilico tra la nicchia ed il grande pubblico, senza perdere l'urgenza di una poetica personale e la necessità di un immaginario dirompente.

 

Antonello Schioppa