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VOCI di Ilaria Mulè | |||||||||||||
Michela (Valeria Bruni Tedeschi) è una giovane giornalista del Secolo XIX alle prese con un noioso articolo sul golf femminile, insicurezze varie e piccoli risentimenti verso il partner. Improvvisamente un omicidio compiuto nel suo palazzo la coinvolge nelle indagini: Angela abitava al suo stesso piano e qualche volta avevano parlato insieme. Il giornale le dà l’opportunità di seguire da vicino il caso, di iniziare un’ inchiesta che correrà parallela a quella della questura e la porterà a ricostruire i fatti e scoprire prima del commissario chi è responsabile dell’assassinio. Ma a muoverla è soprattutto la volontà di capire chi fosse Angela, il rimorso di non averla potuta aiutare in tempo. A raccontarne il passato sono i flash back e alcune fotografie; ad ostacolare la ricerca della verità, i familiari. La bellezza sfacciata di Angela sembra garantirle successo e apprezzamento unanime, mentre le scava intorno margini di solitudine. Delle tante persone che le ruotano attorno, l’unico amico è il bosniaco Nando, principale indiziato e ricercato dalla polizia, che invece aiuterà Michela a risolvere il giallo. Il rancore della sorella di Angela, Ludovica, rivela dinamiche di gelosia nate dalla contesa, durante l’infanzia, delle attenzioni del patrigno (Gabriele Lavia). Molestie in realtà. Il film si apre con una panoramica sul porto di Genova. Poi la città di notte. A ritmo sincopato, le prime inquadrature mostrano alternativamente, per contrasto, Michela e Angela nelle loro case. I quadri alle pareti, la tappezzeria dei divani, la musica che ascoltano, tutto sta a sottolineare la diversità dei loro caratteri, che non ha impedito l’inizio di un’amicizia tra le due donne e l’accenno a un segreto che la vittima non farà in tempo a rivelare. Voci dà un’accattivante veste formale a una storia in cui emergono a latere pedofilia e prostituzione, in cui l’erotismo rivela morbosità e le relazioni familiari indifferenza. Giraldi sposa queste tematiche con uno stile godibile da fiction televisiva. Conta poco quel che succede o il perché di sofferenze infantili, abusi, raptus. L’importante è che sia ben raccontato. Giraldi è andato a scuola da De Santis, Lizzani, Pontecorvo, Zurlini. Della sua formazione ‘tardo neorealista’ è la tendenza a trattare storie in cui il quotidiano è attraversato da ombre, irrompono aspetti non esattamente edificanti a trasfigurare situazioni di apparente normalità. Ma sono molte le concessioni a un gusto facile con echi di feuilleton popolare. Il mare ligure al tramonto si presta a fare da sfondo a torbide passioni cui mette fine uno sparo fra le rocce. Molti i crimini in cui a cadere inermi sono le donne, irrisolti nella maggior parte dei casi: dell’omonimo romanzo di Dacia Maraini rimane l’attenzione rivolta all’isolamento sociale delle donne, alla violenza che subiscono spesso aprendo la porta al loro aggressore. Intricato e sfaccettato il rapporto fra seduzione e morte. Voci dimostra una buona costruzione narrativa e una fattura artigianale che fa leva principalmente sull’interpretazione di bravi attori. Non manca l’happy end! |