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VOCI di Ilaria Mulè | |||||||||||||
Michela (Valeria Bruni Tedeschi) è una giovane giornalista del Secolo XIX alle prese con un noioso articolo sul golf femminile, insicurezze varie e piccoli risentimenti verso il partner. Improvvisamente un omicidio compiuto nel suo palazzo la coinvolge nelle indagini: Angela abitava al suo stesso piano e qualche volta avevano parlato insieme. Il giornale le dà l’opportunità di seguire da vicino il caso, di iniziare un’ inchiesta che correrà parallela a quella della questura e la porterà a ricostruire i fatti e scoprire prima del commissario chi è responsabile dell’assassinio. Ma a muoverla è soprattutto la volontà di capire chi fosse Angela, il rimorso di non averla potuta aiutare in tempo. A raccontarne il passato sono i flash back e alcune fotografie; ad ostacolare la ricerca della verità, i familiari.
Il film si apre con una panoramica sul porto di Genova. Poi la città di notte. A ritmo sincopato, le prime inquadrature mostrano alternativamente, per contrasto, Michela e Angela nelle loro case. I quadri alle pareti, la tappezzeria dei divani, la musica che ascoltano, tutto sta a sottolineare la diversità dei loro caratteri, che non ha impedito l’inizio di un’amicizia tra le due donne e l’accenno a un segreto che la vittima non farà in tempo a rivelare. Voci dà un’accattivante veste formale a una storia in cui emergono a latere pedofilia e prostituzione, in cui l’erotismo rivela morbosità e le relazioni familiari indifferenza. Giraldi sposa queste tematiche con uno stile godibile da fiction televisiva. Conta poco quel che succede o il perché di sofferenze infantili, abusi, raptus. L’importante è che sia ben raccontato.
Molti i crimini in cui a cadere inermi sono le donne, irrisolti nella maggior parte dei casi: dell’omonimo romanzo di Dacia Maraini rimane l’attenzione rivolta all’isolamento sociale delle donne, alla violenza che subiscono spesso aprendo la porta al loro aggressore. Intricato e sfaccettato il rapporto fra seduzione e morte. Voci dimostra una buona costruzione narrativa e una fattura artigianale che fa leva principalmente sull’interpretazione di bravi attori. Non manca l’happy end! |