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Confessioni di una mente pericolosa |
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Il debutto di George Clooney alla regia è un concentrato di opposti che si annullano in un magma neutro: originale e banale al tempo stesso, personale ma convenzionale, un po' divertente e un po' noioso, decisamente mainstream e utopicamente indipendente. Tra i produttori c'è Steven Soderbergh e l'adattatore del romanzo è uno dei sceneggiatori più osannati del momento: Charlie Kaufman, la penna di Essere John Malkovich, Human nature ed Il ladro di orchidee. Gli amici Brad Pitt e Matt Damon fanno da comparse, Juilia Roberts è una dark lady mozzafiato, e Clooney si ritaglia il ruolo del cinico agente della Cia che spalleggia le vicende più o meno autobiografiche di Chuck Barris, freddo sicario dei servizi segreti americani e, al tempo stesso, leggendario autore di quiz ultra popolari come La Corrida o Il gioco delle coppie : "La televisione lo ha reso famoso, ma le sue imprese maggiori sono accadute lontano dallo schermo". Confessioni di una mente pericolosa salta, senza troppa continuità, dal registro comico a quello drammatico, mescolando spunti demenziali con percorsi introspettivi, fotografia noir e coraggiose virate in infrarossi: troppa ambizione e troppa poca maestria, nonostante Clooney sia capace in alcuni momenti di uscire dal "già visto rifatto in maniera ammiccante" e regalare qualche sana emozione. Comunque troppo poco per i nomi coinvolti, ma comunque non da buttare per George, che decide di tentare qulche parentesi di riflessione sull'America mescolando due temi molto cari al pubblico americano: Cia e Tv spazzatura. Abbastanza bravo il protagonista Sam Rockwell, semisconosciuto tra i divi, anche se il suo personaggio è avvicinato troppo alla macchietta e al clichè, vero grande difetto di tutto il film. (A.S.) |
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