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Titolo originale:
CHIHWASEON |
Regia: Im Kwon
Taek |
Interpreti: Choi
Min-shik, Yoo Ho-jung, Ahn Sung-ki, Kim Yeo-jin, Son Yae-jin, Han
Myung-goo, Jung Tae-woo, Choi Jong-sung, Gi Jung-soo, Park Jee-il, Park
Bum-gyoo,Hwang Choon-ha |
Soggetto: Min
Byung-sam |
Sceneggiatura: Kim
Yong-oak, Im Kwon Taek |
Fotografia: Jung
Il-sung |
Scenografia: MBC
Art Center, Joo Byung-doh |
Costumi: MBC Art
Center, Lee Hye-ran |
Coreografia: MBC
Art Center, Lee Eun-young |
Musica: Kim
Young-dong |
Suono: Lee
Choong-hwan |
Montaggio: Park
Soon-duk |
Produzione: Lee
Tae-won, Kang Woo-seok |
Paese: Korea
Anno: 2002 |
Durata: 117' |
Distribuzione: BIM
DISTRIBUZIONE |
Sito ufficiale:
www.chihwaseon.com |
Sito italiano:
www.bimfilm.com/ebbrodidonne |
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Un’altra gemma
giunge nelle nostre sale dall’estremo oriente; terra che, forse come nessun
altra, negli ultimi anni, ci offre un cinema affascinante ed innovativo.
Si tratta dell’ultima fatica di Im Kwon Taek,
autore di spicco della cinematografia coreana, attento cantore del proprio
paese, della sua tormentata storia e delle figure imprescindibili. Al
regista interessa, più che altro, riportare in vita le radici perdute del
suo popolo e, come ha avuto modo di dichiarare, “le radici della propria
cultura consistono nella ricerca della natura umana.” è per questo che Im
Kwon Taek ha scelto di raccontare la vita del celebre, anche se ovviamente
del tutto sconosciuto da noi, pittore coreano JAN
Seung-ub, nato nel 1843 e misteriosamente scomparso nel 1897. La sua
esistenza viene narrata partendo dalla povera e
difficile
infanzia, fatta di stenti e vagabondaggio, fino alla maturità e agli
incarichi di grande prestigio, per concludersi con l’enigmatica sparizione.
Seung-ub, ancora ragazzino, viene salvato dal grande pittore
KIM Byung-moon che lo toglie dalla strada
prendendolo sotto la sua ala protettrice. Il maestro nota subito in lui un
talento straordinario e lo incoraggia in ogni modo a coltivare ciò che
valuta come un dono divino. In seguito Seung-ub prende il nome d’arte di
Oh-won ed incomincia a vivere la vita di un vero artista e la sua fama a
diffondersi. Ma l’amore smodato per il vino e le donne, il suo carattere,
scontroso, collerico ed allergico ad ogni gerarchia, gli creano non pochi
problemi.
L’analisi della natura umana del grande pittore, va oltre il semplice
stereotipo genio e sregolatezza.
Il regista ci mostra come il suo modo anarchico di vivere sia anche
l’espressione dell’angoscia profonda che la società classista e corrotta
della dinastia Chosun gli creava; come se le
umilissime origini, di cui andava fiero, riesplodessero ogni tanto dentro di
lui, trascinandolo per le strade a fare la vita del vagabondo e a
fraternizzare con gli straccioni.
Im Kwon Taek, inoltre, è riuscito a raccontare in maniera così intensa la
figura di Oh-won per la grande affinità che lega il suo cinema e la pittura
di quest’ultimo. La straordinaria sensibilità poetica nel ritrarre il
paesaggio e le bellezze della natura è molto simile ma, le vicinanze non
finiscono qui. Ciò che veramente unisce i due artisti è la testarda volontà
di non accontentarsi mai, di cercare in ogni modo di scavalcare i limiti
creativi imposti dagli altri e da loro stessi.
La
regia, estremamente rigorosa, premiata, non a caso, nell’ultima edizione del
festival di Cannes, ci mostra, attraverso fatti storicamente avvenuti, le
piaghe del suo popolo e ci immerge in un tempo ed in una cultura molto
lontana, che pur non appartenendoci, ci affascina e ci seduce.
Il ritmo è allo stesso tempo lento, pacato, ma fluido e affabulatorio ed il
suo sguardo, analitico ma penetrante e poetico. Il segreto risiede in un
concetto tradizionale coreano, conosciuto come Chong Chun-dong, in cui Chong
significa calmo e statico e Dong in movimento.
In questo consiste la grandezza di Im Kwon Taek: fondere gli opposti
armonicamente con una grazia e una sapienza che pochi possono vantare
Giorgio Giliberti
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