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EL ABRAZO PARTIDO

   

EL ABRAZO PARTIDO di Daniel Burman

Regia: Daniel Burman

Interpreti: Daniel Hendler (Ariel), Sergio Boris (Joseph), Adriana Aizenberg (Sonia), Diego Korol (Mitelman), Silvina Bosco (Rita), Jorge D'Elia (Elias)

Soggetto: Daniel Burman

Sceneggiatura: Daniel Burman, Marcelo Birmajer

Fotografia: Ramiro Civita

Scenografia: Maria Eugenia Suerio

Costumi: Roberta Pesci

Musiche: Andrea Guerra, Cesar Lerner

Montaggio: Alejandro Brodersohn

Produzione: Classic (Italia), BD Cine (Argentina), Paradis Films (Francia) Wanda vision (Spagna)

Paese:Argentina/Francia/Italia/Spagna

Anno: 2004

Durata: 100'

Distribuzione: Istituto Luce

Sito ufficiale: www.ocean-films.com/lefilsdelias

   

"La costruzione dell'identità è un tema che mi ossessiona.... in El Abrazo Partido cerco di riflettere sul cammino che porta alla costruzione di un'identità, una costruzione basata su piccoli aneddoti, tragedie ed eventi comici, oltre che su verità e bugie."

Questo è quello che si legge nelle note di regia di Daniel Burman ed in effetti questo è esattamente il fulcro tematico su cui il film tenta di generarsi. Sulla carta, la quarta opera del giovane regista argentino, avrebbe tutti i presupposti per piacere al pubblico dopo aver sedotto la critica (il film ha vinto l'Orso d'Argento-gran premio della giuria e l'Orso d'Argento per il migliore attore a Berlino 2004), è un film dotato di una sofisticata ironia, pieno di buone intenzioni (vedi sopra), gli attori (soprattutto le donne) sono decisamente all'altezza e la sceneggiatura (premiata al festival di Rotterdam 2004) è ben scritta (ahimè solo nei dialoghi).
Eppure qualcosa non funziona, non sempre la somma di buone cose produce dei risultati accettabili e pur partendo da buoni propositi, il film appare superficiale in molti dei suoi risvolti. La leggerezza che vorrebbe sembrare voluta e cercata si manifesta presto con inesorabile vuotezza, l'ironia tipicamente ebraica strappa sì qualche sorriso ma non va oltre il già sentito (se non altro negli spettacoli teatrali di Moni Ovadia ) ma è soprattutto il respiro generale del film e l'uso di una grammatica approssimativa a non convincere, si ha la strana sensazione di aver visto qualcosa di morto prima ancora che nasca (l'uscita nelle sale è prevista per il 28 maggio), di aver sprecato il proprio tempo nel tentativo di scorgere un futuro artistico in un' opera che è già passato artistico. Il bello è che il film palesa tutto ciò nel tentativo di comunicare il contrario, alcuni registi (e con loro, evidentemente, anche qualche critico) credono che la freschezza tecnica, e con essa quella propensione se non al futuro perlomeno al presente, risieda in qualche zoommatina scattosa in avanti ed una indietro, nell'uso, spesso scriteriato, della ripresa a mano o altre menate di questo genere; non si potrebbe commettere errore più grande, non esistono cifre stilistiche moderne o non, esistono registi che si assumono la responsabilità di un punto di vista e lo portano avanti con o senza zoommatine, evitando soprattutto di mettersi al riparo attraverso mille angolazioni diverse da selezionare comodamente in sede di montaggio.
Questo tipo di atteggiamento artistico manca quasi del tutto in El Abrazo Partido. L'assenza di una profondità registica, abbinata ad un'assoluta incapacità di approfondire il lato psicologico dei personaggi o di stupire lo spettatore con slanci poetici capaci in qualche modo di suffragare le lacune strutturali del film, fanno sì che la visione si trasformi in attimi d'inconsistente piacere, qualche risata o qualche discreta immagine per carità, ma soprattutto l'imperdonabile freddezza con cui gli autori ci costringono a vivere quello che, nelle intenzioni, doveva essere un viaggio alla ricerca di un'identità capace di commuoverci nel profondo.
El Abrazo Partido non è un brutto film da evitare ma un film medio in cui si rischia d'incappare, e forse è peggio.

Con le migliori intenzioni


Davide Catallo