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HALLOWEEN RESURRECTION |
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"Trick or treat, motherfucker!" (Busta Rhymes in un momento di autoesaltazione horror-rap)
"Firmo il contratto se me fate morì in 10 minuti!" Così parlò la bella, brava e anziana Jamie Lee Curtis, stanca di correre appresso alle zingarate del picchiatello Michael Myers. Decapitato dalla sorellina nell’episodio precedente? No, quello non era lui ma un modesto paramedico al quale Michael aveva fatto indossare la sua famosa maschera prima di darsi cura di segargli la laringe. Questa la risibile spiegazione degli autori dell’ottavo capitolo (il nono arriverà nel 2004 e tremo all’idea di uno script peggiore di questo). Povera Jamie/Laurie, come biasimarla? Una carriera ad Haddonfield, Illinois, dove tutto cominciò molti anni fa (nel 1978, per la precisione) dalle menti di John Carpenter e Debra Hill. Il nome del pluriomicida era un omaggio all’omonimo distributore inglese di Distretto 13 – le brigate della morte e per il ruolo del dottor Loomis, poi affidato a Donald Pleasance, Carpenter aveva contattato i decani Vincent Price e Christopher Lee. Il debutto nelle sale americane fu un disastro: la critica lo stroncò duramente, il pubblico non andava a vederlo. Poi, miracolo del solito tam-tam tra palati fini, le cose assunsero una piega differente, tanto che oggi il produttore storico Moustapha Akkad è ancora lì a contare i soldi. Quando il nome della Curtis (insieme a quello di Carpenter, qui accreditato come ideatore dei personaggi originali e autore del famoso tema musicale) compare nei titoli di testa, scatta l’affettuoso applauso del pubblico del XXIII° Fantafestival romano. Siamo in tanti a battere le mani e questo (senza ironia) è un momento di vero amore per il cinema. Breve, purtroppo: Jamie esce di scena un attimo prima che il film si trasformi nell’ennesimo Dawson Creek con due gocce di sangue (autocensura preventiva, in vista dei passaggi televisivi) e zero suspence. Il livello, per intenderci, è quello di Sotto il vestito niente 1 e 2. Michael deambula stanco e imbolsito come un vecchio mestierante prossimo alle pantofole. È un duro lavoro e la produzione gli ha chiesto di rifarlo senza recriminare, ma ogni volta che il nostro amico guarda in macchina, sembra quasi che voglia scusarsi con chi ha pagato il biglietto aspettandosi un po’ di brividi in cambio. Ma procediamo con ordine: Laurie è finita ai matti e il coriaceo Michael si reca a farle visita senza prendersi pena di rispettare l’orario d’accesso a parenti ed amici (i soliti privilegi delle celebrità!). Già che c’è, impugna il coltellaccio e compie una mini-strage di riscaldamento prima di un breve duello sul tetto dell’ospedale con la (finta) matta. Altrove, un gruppo di ragazzi puliti, arrapati, genuinamente americani (ridateci Pasquale e Floriana!) ha appena passato le selezioni per una versione del Grande Fratello ambientata nella casa in cui l’eroe crebbe e sviluppò l’hobby di affettare il prossimo. Cosa accadde davvero a Michael? Quali segreti nascondono le tetre mura domestiche? Una web cam (più di una) aiuterà a vederci chiaro. È un’idea di Busta Rhymes, gente. Rapper tosto dalla faccia buona. Se Snoop Doggy Dog si è messo a produrre porno con Hustler, lui ci prova nel mainstream accanto alla polposa Tyra Banks (le sue curve non hanno misteri per i lettori di Max, Maxim, GQ). Più che recitare, Busta gigioneggia. Mastica pezzi di dialogo illogici, occupa goffamente l’inquadratura aiutando Rick Rosenthal a toccare il fondo. Altra ‘novità’: internet. Se hai Michael Myers alle calcagna, chattare con un nerd che ti ama a distanza può salvarti la vita. Niente salva il film, purtroppo. Un fast food movie messo insieme con i cascami del thriller che fu. L’immagine più bella, giuro, l’ho vista fuori dalla sala, dove un capannello di fans si attardava rievocando le scene salienti del capostipite. Ma Carpenter che fa?
(V.L.) |
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