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LA CASA DI SABBIA E NEBBIA |
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La casa di sabbia e nebbia è stato prodotto dalla Dreamworks di Steven Spielberg, diretto da Vadim Parelman, tratto da un bestseller scritto da Andrè Dubus III e interpretato da Ben Kingsley, Jennifer Connelly e Ron Eldard. Non è l’elenco della spesa ma l’elencazione esatta di coloro che, nel bene e nel male, hanno contribuito alla realizzazione di quello che si appresta a diventare il più autorevole candidato a peggior film dell’anno. La casa di sabbia e nebbia rappresenta esattamente ciò che un regista dovrebbe evitare di girare e, di conseguenza, ciò che uno spettatore dovrebbe evitare di vedere. Dietro la simbolica contesa per la proprietà di un immobile gli autori tentano di raccontare due diverse solitudini, quella di Kathy lazaro (Jennifer Connelly) di origine depressiva-esistenziale, e quella di Massud Amir Behrani (Ben kingsley) dal respiro più sociale-politico. È chiaro che su un impianto narrativo di questo genere, che rinuncia espressamente ad una struttura auto-reggente, l’unico modo per portare avanti la storia è la creazione di situazioni intimiste capaci (attraverso dei dialoghi, o momenti o micro-azioni) di restituirci il senso, l’origine e le complicanze delle solitudini che s’intendono rappresentare. Degli sceneggiatori (il regista stesso e Shawn Lawrence Otto) nessuna traccia. Gli attori, seppur dotati a parte l’improponibile Ron Eldard nella parte del poliziotto, non sono stati pagati per compiere un lavoro che non gli compete: salvare la sceneggiatura. È altrettanto scontato che su una sceneggiatura di questo tipo, che addirittura sembra puntare sull’azione e sui colpi di scena, l’unica variante che potrebbe salvare le sorti del film, ed evitare la tortura dello spettatore, è una regia poetica ed ispirata. Anche di quest’ultima nessuna traccia, anzi… …Vadim Parelman, apprezzato regista pubblicitario e di video-clip qui all’esordio cinematografico, inconsapevolmente ci dona uno splendido trattato sulle nefandezze registiche da evitare, al di là dell’impronta generale, del tutto errata e fatta di immagini patinate (Ah la pubblicità!!!), scontate inquadrature con oggetti a mò di quinta (per la cronaca: il maestro di tale stile si chiama Max Ophuls e il suo ultimo film è datato 1955) ed imbarazzanti giochini di messa a fuoco senza un minimo di corrispondenza tra forma/contenuto, è già nel primo movimento di macchina (o quasi) che il dilettantismo di Parelman si manifesta. Siamo all’inizio del film ed una carrellata in avanti della m.d.p. si avvicina lentamente verso una casa (l’immobile al centro della contesa), un movimento scolastico ma giusto ci introduce nella casa, nella storia e nel film, già visto ma al massimo si potrebbe obiettare una mancanza di originalità, invece VADIM PARELMAN va oltre, decide di staccare prima che la carrellata abbia la sua naturale fine ed inserisce un’inquadratura fissa della casa ripresa in diagonale, roba da "corrida" della regia, INGUARDABILE. UNA MINESTRA RISCALDATA MALE. A quanto pare Steven Spielberg garantisce sul talento di questo regista, invece l’unica cosa che si può garantire è che qui ci troviamo di fronte alla formula (purtroppo vincente) che Holywood continua indisturbata a proporci: un best-seller, Un regista pubblicitario, Un grande nome a garanzia di qualità e naturalmente una tragica morte, o un inaspettato colpo di scena, nel finale. Già si parla di Oscar! che per molti è un importante premio internazionale ma per pochi fortunati il nome del proprio cane. Vi sembro sadico? Non lo sono, in questo momento sono nel pieno delle mie facoltà intellettuali (parafrasando uno che il cinema lo sa scrivere bene e girare ancora meglio). La casa di sabbia e nebbia è un film talmente insulso che viene meno la voglia di recensirlo ma richiamato all’ordine dal direttore di questa testata, mestamente e ligio al dovere, mi ritrovo costretto a darvi il consiglio che segue: andate a vederlo. Una volta tornati a casa, munitevi di una penna e scrivete in maniera ben leggibile su un foglio di carta Vadim Parelman. Lasciate trascorrere qualche minuto, dopodiché, prendete un cerino e date fuoco al tutto. Osservate attentamente il lento ed inesorabile dissolversi di quel nome. Quando il foglio sarà diventato un minuscolo ammasso di materia grigia, prendete un bicchiere, versatevi un buon whisky e beveteci sopra. A volte non è sufficiente dimenticare ma è necessario ricordare di aver voluto dimenticare.
Davide Catallo |
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