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LA SPOSA TURCA |
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Gegen Die Wand: “Contro il muro”. In italiano diventa La Sposa Turca, titolo esotico che fa pensare ad una sorta di Monsoon Wedding al kebab. Il film è invece sporco, sanguinario e passionale. Manifesti dei Siouxie And The Banshees attaccati alle pareti, capelli tagliati male, lattine mezze vuote raccattate dai marciapiedi, cioccolatini senza liquore, promesse impossibili da mantenere, redenzioni miracolose, i locali di Amburgo, le strade di Istanbul, e i Depeche Mode a palla in una notte che forse è l’ultima. Storia di perdenti. Storia di follie. Storia d’amore. L’amore senza violini e senza frasi da ricordare, o no… forse una, ma è solo una barzelletta disillusa: “l’amore e come un giro sui cavalli delle giostre, cavalchi cavalchi credendo di stare andando chissà dove, e invece…”. Come perno, ovviamente, un matrimonio: una cerimonia spoglia, rapida ed indolore. Il resto è altrove. Due personaggi straordinari: uno con la faccia da rocker che pare un’incrocio tra Bob Geldof e Mick Jagger, l’altra una ventenne con lo sguardo che sembra furbo ma forse è fesso. Entrambi di origine turca in una Germania buia ed underground. Entrambi con poco da perdere. Entrambi pronti a buttar i resti di una vita fatta di scheletri. Film ricco di personaggi comprimari, eccezionalmente tratteggiati. Film denso di tematiche che si urtano, sufficientemente equilibrate. Molta tragedia, coraggio ed ironia, nelle corde dentro la storia e nelle teste di chi la storia l’ha messa in piedi. Cioè Fatih Hakim, regista trentenne turco-tedesco, e i suoi due attori, Birol Ünel e Sibel Kekilli, scelti con cura, occhio e consapevolezza. Il primo dal teatro e da qualche film, la seconda dalla strada. Vincono Berlino 2004 (dopo 19 anni la Germania torna al trionfo) e cinque “Lola” (gli Oscar tedeschi). Le brutte notizie dei rotocalchi: i puristi ariani biondi e pettinati storcono il naso davanti alla bellezza di un film meticcio …. Il settimanale “Bild” si lancia in chiari fraseggi razzisti, disturbato dall’ascesa della ormai numerosa comunità turca in Germania. Alla consegna degli “Orsi” qualcuno getta fango sulla precedente e breve carriera a luci rosse della bravissima protagonista: roba del tipo “è in questi film che lei ha imparato il mestiere…” Così va il mondo. La Sposa Turca, appartenente alla categoria “esco dal cinema e il film me lo porto dietro come una scimmia sulla schiena”. Una scimmia benevola ed addomesticata. Allegramente cattiva come il punk, teneramente malinconica come un arabesco orientale.
Antonello Schioppa |
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