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LE CONSEGUENZE DELL'AMORE |
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Un albergo oltre il confine, lassù in Svizzera. Dentro c'è un signore distinto. Con sé un pacchetto di sigarette, un taccuino e la solitudine. Poi una cameriera con gli occhi chiari e strane valigie che vanno e vengono. Un noir, una storia d'amore o una commedia? Un film sulla sfortuna, probabilmente. Non quella che non esiste, la scusa dei perdenti o dei falliti, ma quella che scrive il destino, quella animata dagli dei. Quella che sconfigge gli eroi e nobilita la sconfitta. Toni Servillo è Titta di Girolamo, uno "che di frivolo possiede solo il nome". Vive da anni in un albergo extralusso e sembra essere un uomo d'affari. In realtà ha un segreto, un buon nascondiglio nel suo televisore e delle strane amicizie. Soprattutto Servillo interpreta la parte di un individuo debole e potente al tempo stesso, ricco di un carisma che si sgretola sotto la spinta dell' infelicità. Un colletto bianco delegato a gestire un lavoro sporco con se stesso, in una terra di confine, la cui condanna è di scrutare l'orizzonte senza fantasia della sua coscienza. Le conseguenze dell'amore è l'opera seconda di Paolo Sorrentino, regista trentacinquenne che arriva dalla sceneggiatura. Tre anni fa ha esordito a Venezia con L'uomo in più. Con la sua nuova prova sceglie di seguire una strada assai più difficile: arricchisce il suo stile visivo, ricamando eleganti movimenti di macchina, accurati contrappunti sonori e tagli di montaggio notevoli per disegnare un personaggio di poche parole. La fotografia di Luca Bigazzi, che ha appena firmato gli ultimi film di Amelio, Placido e Mazzacurati, tratteggia bene l'area asettica di un mondo fatto di soldi, discrezione e mistero. Ma la soggettiva dell' uomo chiuso a chiave con se stesso trova la sua sublimazione in due elementi: il ritmo sonoro del minimalismo elettronico e la generosità ripagata con la quale Sorrentino concede all'attore Servillo la possibilità di mostrarsi in tutta la sua grandezza. La vera solidità del film sta infatti nel contropiede che l'irruenza musicale (brani di Mogway, Lali Puna, Terranova...) applica sull'immobilità di un personaggio sinistramente statuario. Il regista confessa di scrivere i suoi film con le musiche già nelle orecchie, e si vede. Si vede anche come il lavoro sulla sonorità costituisca lo scheletro del montaggio, e come il montaggio è piegato, ripiegato e messo da parte quando i tagli non hanno motivo di interrompere piani sequenza magistrali (non per la tecnica, ma per l'efficacia emotiva). Il regista partenopeo ha infatti la qualità di cercare l'originalità con discrezione, rischiando di eccedere solo in pochi casi. Coniuga minimalismo, videoclip e pubblicità con il meglio del cinema indipendente americano, ricordandosi che l'Italia e la patria di un maestro come Antonioni e che ogni lezione di stile può essere riproposta solo attraverso un proprio stile. Sorrentino è quasi sempre fuori dal timbro del cinema nostrano. Realizza film destinati al mondo intero, ma si ricorda dello spirito della sua terra quando rende dolce il dramma ed amara l'ironia. Non fa delle sue imperfezioni un difetto, facendosi perdonare con momenti di grazia ed onestà espressiva. E poi sa sfruttare al meglio il connubio con il bravissimo Toni Servillo, attore e regista di teatro che poco e bene si è concesso al cinema, esordendo con Mario Martone in Morte di un matematico napoletano nel '92, e con il quale ha continuato a lavorare in Rasoi (1993), Teatro di guerra (1998), e poi con Antonio Capuano in Luna Rossa (2001). Attualmente è impegnato nella tourné teatrale di Sabato, domenica e lunedi (dall'omonimo testo di Edoardo De Filippo), presto in tv sotto la supervisione di Sorrentino stesso. Le conseguenze dell'amore: un noir, una storia d'amore o una commedia? Una film sulla sfortuna, si diceva. O sull'inadeguatezza. Sul quel non sapere "cosa si fa", "cosa si dice" e "cosa si è" che rischia di far passare un buono per un cattivo, un padre per un estraneo, un uomo onesto per un criminale ed un innamorato per uno stronzo Antonello Schioppa |
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