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APOCALYPSE NOW REDUX

di Nino Gianni D’Attis

 

 

La giungla, gli elicotteri, il gran caldo-umido, le pale del ventilatore, la musica dei Doors, la febbre, il ‘Nam, Charlie don’t surf e la fottuta missione da compiere. L’odore del napalm misto a quello dell’erba. E Kurtz.

"Saigon, shit. I'm still only in Saigon."

Lui è Willard, il Capitano Willard del 505° battaglione delle forze armate U.S.A. in possesso un biglietto per l’inferno pagato dalla CIA. L’incarico: raggiungere il regno del folle Kurtz nel cuore della Cambogia e, letteralmente, terminare il colonnello rinnegato, la scheggia impazzita, il dittatore paranoico di un piccolo regno fondato sulla paura. Tutto questo (e anche di più) in un film passato alla storia del cinema come una missione impossibile condotta dal generale Francis Coppola poco dopo i successi de Il Padrino I-II. Vietnam e Hollywood: un kolossal del 1979 che ha la grazia di un super 8 o, per dirla con le parole di Enrico Ghezzi: "Un film ricco che sembra povero cineamatoriale. Un film di guerra intimista."

Non esiste una versione definitiva di Apocalypse Now e Apocalypse Now Redux, presentato fuori concorso a Cannes 2001 (ventidue anni dopo la palma d’oro), è soltanto una delle mille versioni possibili dell’impresa nata all’ombra di un trattamento di Orson Welles basato sul romanzo Cuore di Tenebra di Joseph Conrad.

Redux fa rima con Remix: opera rivisitata in sede di montaggio, final cut che riemerge da chilometri di pellicola non visti dal grande pubblico.

"Più interessante, più divertente, più sexy, più bizzarro..." Coppola non ha dubbi: 53 minuti in più nella nuova edizione restaurata avvicinano gli spettatori all’idea originale del film, persino alla tanto favoleggiata versione lunga cinque ore (con finali alternativi) della quale abbiamo sentito parlare per due decenni.

        

                        

Scene inedite: Willard e la sua scorta in compagnia delle conigliette di Playboy inviate al fronte; il pranzo irreale, sospeso in un’atmosfera fuori dal tempo nella casa dei coloni francesi; Kurtz che legge alcuni giornali che parlano della guerra in Vietnam. Anche il bislacco Kilgore, l’ufficiale appassionato di surf interpretato da Robert Duvall, riconquista uno spazio maggiore rispetto al film del 1979.

Nel suo Viaggio All’Inferno, Eleanor Coppola ha documentato meticolosamente l’odissea personale del marito partendo dalle rare immagini del sofisticato progetto di Welles. Il film (la cui mancata realizzazione nel 1939 portò in ogni caso alla genesi di Citizen Kane), fu bloccato in pre-produzione dalla RKO a causa dei costi vertiginosi e di uno stile troppo sperimentale per i gusti dell’epoca. Con un salto di quasi quarant’anni si arriva alla sceneggiatura di John Milius che per il personaggio di Kurtz si ispirò alle figure reali di Anthony "Tony Poe" Poshepny, agente CIA incaricato nei primi anni ’60 di addestrare le tribù del Laos a combattere contro i comunisti e a quella del colonnello Robert B. Rheault, berretto verde espulso dalle forze armate per aver ucciso un pari grado sospettato di fare il doppio gioco. E si arriva anche ai milioni di dollari in fumo, ad Harvey Keitel, il primo attore scelto per interpretare Willard, sostituito da Martin Sheen (a sua volta colpito da un attacco cardiaco), quindi ai tifoni che devastano il set nelle Filippine, ad un Dennis Hopper in evidente stato di alterazione alcolico/chimica, alla star Marlon Brando che raggiunge la troupe senza aver letto la sceneggiatura e mette in crisi un regista prossimo al duplice collasso nervoso ed economico.

"Con questo film mi gioco tutto" disse Coppola, intrappolato in una giungla di problemi pratici e creativi. "È la mia odissea privata, il mio testamento, il mio suicidio artistico..." Cercava il film totale alla fine di un decennio segnato da altre due opere mastodontiche quali Barry Lyndon di Kubrick e Novecento di Bertolucci. E pensava al cinema di Griffith e Corman, ad un gigantismo artigianale in grado di produrre un’esplosione di segni sul grande schermo. L’aspetto commerciale? Del tutto secondario. Apocalypse Now Redux ha la forza del Coppola d’annata, del regista lontano dai trascurabili film girati per sanare i debiti della Zoetrope. Cinema che, conclusa l’epopea della famiglia Corleone, aspetta oggi il concretizzarsi di Megalopolis, sceneggiatura ispirata alla congiura di Catilina le cui riprese, dopo l’ennesimo slittamento (sono quindici anni che Coppola scrive e riscrive tutto), dovrebbero finalmente cominciare a Cinecittà nell’autunno del 2002 con un budget stimato intorno ai 50/60 milioni di dollari.

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