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IL RITORNO DI CAGLIOSTRO |
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Si ride fino al mal di pancia e mentre scorrono i titoli di coda la prima domanda che viene in mente è: "davvero gli italiani si scompisciano con Boldi e De Sica?" La seconda ha a che fare con la perseveranza necessaria a cineasti come Ciprì e Maresco per affrontare i produttori di oggi, oltre che, si capisce, la grave necrosi culturale della nazione. Più stomaco che fermezza, forse. Una minaccia che ai tempi de Lo Zio di Brooklyn (1995) sfruttò l’opportunità di realizzare un lungometraggio per poi offrire alla fine del decennio scorso l’apocalittico Totò che visse due volte come bersaglio ai tiratori scelti della censura, a preti mancati e loschi opinion makers nostalgici dell’Inquisizione.Il film che non
c’era, che ha rischiato di non esserci per una serie fortunatamente non
infinita di ostacoli produttivi, è finalmente nelle sale. Dopo una vetrina a
Venezia,
Carne, sempre
carne. Non c’è odore di plastica nel cinema dei due palermitani, ma sudore
di corpi in stato avanzato di disperazione, una rigorosa frequentazione di
territori lontani non dal pubblico, come insinua qualche ipocrita con fare
rassicurante, ma dall’intero sistema commerciale cine-televisivo. Cagliostro
ritorna dal futuro del Cinico Cinema, in anticipo su Il Ritorno del re
di Peter Jackson e sui pacchi e
contropacchi che il grande pubblico si vedrà recapitare a Natale. È un
ritorno ‘mutantè in bianco e nero e a colori, in cinemascope, in digitale,
da un numero imprecisato di false partenze, da un set più volte smontato e
rifatto, dalle voci che negli ultimi quattro anni indicavano il film come un
horror cupo e malinconico (e in parte lo è sicuramente, occupandosi di
necrofilia cinefila), poi
L’immagine è a pezzi, restituiamole la possibilità di colpire davvero, oppure proviamo a raccontare ciò che era una volta l’immagine: questa è la partita. Pino Grisanti, sedicente regista, liquiderebbe la faccenda come una "minchiata". Sprezzante, pavido e gretto, egli è un mammifero che pensa al pane quotidiano, non all’arte. Logico che si camuffi da Nosferatu non per togliersi lo sfizio di un cameo (alla maniera di Hitchcock o di Tinto Brass) ma per aggiungere una comparsa in più al film scalcinato che sta girando. Necessità, niente altro. Nell’anno di (dis)grazia 2003, in Sicilia, qualcuno ritroverà le pizze perdute di una pellicola incompiuta e la notizia occuperà le pagine culturali locali. Scenderanno in campo eminenti critici, si ascolteranno i testimoni dell’epoca, si tenterà un’accurata ricostruzione dei fatti: cosa accadde veramente? "Minchiate" anche queste: l’attore protagonista si è sfasciato, è morto, è ai matti, spegnete il motore. Prima de Il
Ritorno di Cagliostro ci sono stati i documentari su
Louis Armstrong e Duke Ellington e lo
spettacolo teatrale Palermo può attendere realizzato con la
complicità di
Nino G. D’Attis |
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