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La 25a Ora |
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La 25 ora segna la svolta registica di Spike Lee. Abbandonato il manicheismo e la retorica dei suoi precedenti lavori il regista si tira fuori dal ghetto e allarga i suoi orizzonti filmando le debolezze, il dolore e le incertezze di un’intera città ferita e amputata dopo l’11 settembre. Così la storia dello spacciatore Monty Brogan che ha 24 ore per ripensare alla sua vita prima di finire in prigione diventa la parabola ideale per raccontare una realtà più ampia. Ci pare di vedere Spike Lee riprendere la Storia dal punto in cui Scorsese in Gangs of New York l’aveva lasciata, per mostrarci l’età adulta di una città che vive le sue contraddizioni e che ogni giorno deve fare i conti con quel sentimento d’impotenza che conosce solo da poco e che per questo non sa gestire. Allora il tempo si dilata e la sofferenza si moltiplica stordendo e confondendo. La tensione portata al limite si consuma nel silenzio e la necessità di difendersi è talmente urgente da far ricadere la colpa sugli altri. Allora ‘fanculo agli ebrei, ‘fanculo agli italo-americani, ‘fanculo ai neri di harlem che giocando a basket non passano mai la palla, ‘fanculo ai portoricani, ‘fanculo agli irlandesi, ‘fanculo alla mafia russa, ‘fanculo a suo padre, ‘fanculo ai suoi amici, ‘fanculo alla sua donna che forse lo ha tradito alla polizia. Ma in fondo ‘fanculo a se stesso, per aver sprecato la propria vita. Così Monty inizia un viaggio verso la presa di coscienza della responsabilità delle proprie azioni incarnando egli stesso la città in cui vive. La stessa che lavorando affannosamente anche di notte tenta di recuperare la propria sicurezza tra le macerie di Ground Zero. NY è Monty. Monty che vive tutta la sua rabbia e il suo rancore. Monty che confida nei suoi amici che non sanno come aiutarlo, vittime essi stessi di una situazione che non sanno come affrontare. Monty che ama la sua donna di cui non si fida. Monty che ama suo padre che ha fatto finta di non sapere perché gli faceva comodo. Monty che come il Cristo de L’ultima tentazione di Scorsese trascina la sua croce, cadendo più volte sconfitto sotto il peso dei sensi di colpa e delle paure e che forse ha un’ultima scelta, quella di cambiare il proprio destino. Cambiare strada, allontanarsi dalle proprie colpe, ricostruirsi una nuova identità facendo finta di niente. Vivere in quella ultima, inesistente, immaginaria, lunghissima 25° ora, risorgere. Ma Spike Lee preferisce condurre Monty verso il suo inevitabile e doloroso destino, l’unico possibile per un uomo/una città che ha scelto di resistere malgrado tutto.
Rossella Macchia |
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