Gangs of NewYork :Il Film , Gangs sul set , Hollywood Gangs |
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DI UNA GUERRA CIVILE |
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"America was born in the street". Questo slogan pubblicitario che ci ha bombardato le orecchie, in Francia ormai non si sente più. La pellicola ha più che mai vita breve. Questa frase riassume le intenzioni del film, teso tra l’epopea storica di una nazione che sta nascendo nella violenza e la storia di una vendetta familiare che si consuma sulla strada. È il racconto della vendetta del padre sovrapposto ad una storia d’amore senza rilievo. È anche il ritratto di una New York delle origini, incapace di assorbire un’immigrazione irlandese gigantesca, una città dove la violenza è permanente (sommossa contro la coscrizione truccata per la guerra di secessione, grandi carneficine tra gangs, linciaggio dei neri che l’abolizione della schiavitù non impedisce…) La povertà narrativa della piccola storia e la semplificazione della grande Storia disorientano di primo acchitto. L’epopea storica non è il miglior mezzo per parlare della Storia (salvo fare la scelta del didatticismo rosseliniano). Questo progetto avrebbe potuto chiamarsi C’era una volta in America se Leone non l’avesse preceduto. "È un film di gangsters miscelato al western" dichiara Martin Scorsese. Come nei western di Leone, una civiltà finisce per lo scatenamento della violenza maschile. Del resto, la donna qui fa da legame tra le due civiltà, quella finita e quella nascente. È la sola a sperare di uscirne.
I soli "nativi" americani sono stati già sterminati un poco più lontano nelle terre. I gruppi si fanno e si disfanno secondo i rapporti di forza del momento. Dopo la proscrizione, i due bracci destri di Priest Vallon sono integrati nella polizia e nel clan dei Nativi (McGoil). Si pensi alla scena in cui Alex al suo ritorno dall’ ospedale viene sottoposto al terzo grado dai suoi Drughi diventati poliziotti (Arancia meccanica). Come nel film di Kubrick, lo spirito del clan maschera qui un individualismo violento. Il solo legame sociale è quello che inventa la gang per sopravvivere, una certa fraternità virile fondata sul timore reverenziale del capo del clan e sul codice morale "dell’uomo d’onore" (tra Amsterdam e il Macellaio) che è anche il capo della stirpe.
La popolazione multietnica compone un sfondo decorativo. Anche il dramma del linciaggio dei neri resta in secondo piano (il nero della gang dei Conigli Morti, per esempio, è un personaggio francamente secondario). È disprezzata dal razzismo degli irlandesi che se ne divertono (il teatro cinese maschera la violenza del lanciare i coltelli). Durante la vita cinematografica di Scorsese, le piccole canaglie di Mean Streets sono cresciute e sono diventate dei Goodfellas, degli affrancati, dei mafiosi italo-americani che vivono fuori dalle leggi, con leggi autonome che permettono loro di realizzare il loro ‘american way of lifè. Le leggi che si danno non bastano a soffocare la violenza interna alle gang. Scorsese ha filmato molto (in Casinò per esempio) l'autodistruzione del gruppo (Joe Pesci è il personaggio emblematico della violenza individualistica che conduce alla distruzione del gruppo) dentro ad una società con delle leggi. In questo film, le gang non sono ai margini della società, sono la sua immagine, la dirigono e la conducono tutta intera alla sua autodistruzione, col suo consenso. Scorsese filma New York "nel ventre della bestia" come ha scritto Charyn. Five Points, la sua piazza, e le sue cinque vie formano il cuore di una corte dei miracoli dove la bestia gode dello spettacolo della morte dell'altro (linciaggi, saccheggi) e di se stessa. La gang è una folla sadomasochista. La violenza da vedere (quella dei giocatori che puntano sul numero di topi che un fox terrier sgozzerà) è piuttosto una violenza da vivere. La folla si dilania, si deruba, si uccide, in una guerra di tutti contro tutti. Come nella tela di Dalì (premonizione della guerra civile), il corpo sociale si smembra ai quattro angoli. La folla crudele avida di violenza prende la comunione sull'altare del posto dove parecchie persone sono crocifisse. La croce è presente solo nella piazza (stella a 5 rami). Il solo discorso che unifichi sembra essere quello della fede. Scorsese sembra esitare tra "ad ognuno la sua legge" e "a ciascuno la sua fede." Priest Vallon o Will Cutting non sono tra quei monaci-soldati per cui la fede diventa guerra. Per loro, è la guerra che si fa fede. La religiosità di Scorsese resta come sempre enigmatica e non risolta. Bill incarna la collera divina che regna attraverso la paura. Tra Amsterdam e lui, la posta è di diventare l'uomo d’ onore che merita la propria morte.
Vestite come dei
supporters coi pullover striati di rosso o dei bracciali blu, le gangs
sembrano uscite da West side story. Questo barocco televisivo di
squadre di catch che tiene in mano delle lame da heroic fantasy permette di
riconoscere gli sfidanti, i membri dei gruppi nel mezzo del piccolo popolo
monocromatico di Manhattan. I colori ocra ricordano la pittura fiamminga,
questa guerra civile, Bruegel l'avrebbe potuta dipingere. Gangs of New
York è un opera rock di barbari barocchi dove si preferisce il coltello
al fucile, una grande pittura di guerra, nel tono dei disegni di un Otto Dix
o di un Georg Grosz,
Si evidenzia nella traiettoria di Scorsese l'esplosione del gruppo in un individualismo pieno di ultraviolenza (il film il più vicino a Gangs of New York è certamente Arancia meccanica) generalizzato alla folla. Gangs of New York fallisce nel raccontare la Storia per il suo semplicismo, non evita lo schematismo della piccola storia ma la guerra civile che riesce a dipingere (i riferimenti sono più pittorici che cinematografici) sembra premonitoria (gli americani hanno sempre fantasticato sulla loro fine). Come suggerisce pesantemente l'ultima sequenza, il quartiere di Five Points si chiama oggi Ground Zero. Olivier Pagani Sul web: altre foto dal set |
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