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Regia: Enrico Pau |
Interpreti:
Claudio Morganti, Anna Scaglione, Carmine Recano, Davide Delogu,
Emanuela Cau, Vanni Fois, Piero Marcialis, Gianpaolo Loddo, Maurizio
Saiu |
Soggetto: Aldo Tanchis, Enrico Pau |
Sceneggiatura: Enrico Pau, Aldo Tanchis
con la collaborazione di Maria Grazia Perria |
Scenografia: Anna Maria Donatella
Sciveres |
Fotografia: Gian Enrico Bianchi |
Costumi: Francesca Leondeff |
Musica: Giovanni Venosta |
Montaggio: Carlotta Cristiani |
Produzione: Blu Film |
Paese: Italia
Anno: 2001 |
Durata: 85' |
Distribuzione: Lantia Cinema & Audiovisivi |
Partire dai luoghi per raccontare la realtà. È l’attitudine che accomuna
l’opera prima di Enrico Pau ad alcuni tra i più interessanti film italiani
degli ultimi tempi: da Tornando a casa di Marra a
Quello che cerchi di Puccioni, da
Sangue Vivo di Winspeare al recentissimo
L’imbalsamatore di Garrone. Cinema di luoghi, ma non di luoghi comuni: dialettale, privo di
carinerie e di immagini-cartolina, estraneo a una visione vecchia e
stereotipata dei posti che racconta.
È una Cagliari inedita quella che appare in Pesi leggeri, invernale e
notturna, ostica e amara, lontanissima dai cliché della Sardegna
agropastorale. Una città “globalizzata” simile a tanti centri urbani, eppure
dominata da un grande senso di estraneità dal “continente”, ma anche
dall’isola stessa. Un luogo a parte, di cui Pau ci mostra le impervie
salite, fisiche e metaforiche, che la avvolgono sinuosamente, gli orizzonti
“africani” e i suggestivi vicoli del centro con i suoi fumosi locali jazz.
Ma lo sguardo del regista è attratto dall’ambiente sottoproletario, scava
nella marginalità, si sofferma soprattutto sulla periferia, fatta per lo più
di anonimi palazzoni e di palestre di boxe. In un ambiente ostile e
desolato, per molti ragazzi la palestra è un modo per riscattarsi da
situazioni sociali difficili, per sfogare la propria rabbia, ma soprattutto
è l’unico posto in cui nasce una certa solidarietà. Un luogo spoglio e
freddo che conserva intatto il misterioso fascino delle cose povere. È qui
che si sviluppa il “racconto di formazione” di due giovani pugili.
Giuseppe vive in una landa desolata senza storia e in un contesto familiare
senza affettività. Non sa cosa sia la paura e si muove per cercarla, trova
sulla sua strada Nino, aspirante al titolo nazionale dei leggeri. L’incontro
scontro tra i due ragazzi è anche un pretesto per raccontare l’ambiente
della palestra, popolato da ex pugili cagliaritani ora allenatori, ai quali
il regista ha già dedicato un documentario, Storie di pugili.
Pau svela il rapporto che si crea tra le diverse generazioni. Manifesta
l’affetto che nutre per questi vecchi campioni, che insegnano con grande
umanità e senza pregiudizi, con modi bruschi ma diretti, l’arte dell’umiltà
e della pazienza, necessarie ad affrontare la sofferenza e la sconfitta sul
ring e nella vita. Il regista dipinge i volti veri e segnati di questi
vecchi pugili che riecheggiano I clown di Fellini nel restituirci la
malinconica nostalgia di un mondo che scompare. L’universo femminile,
impersonificato dalla mamma e dalla ragazza di Nino, è invece escluso da un
microcosmo di maschi spesso incapaci di liberarsi da una grande aridità
emotiva, come ci mostra l’intensa scena dell’amplesso tra Maddi e Giuseppe.
È uno stile scarno quello del regista sardo, un gioco di sottrazione sospeso
tra documentario e finzione. Dialoghi essenziali, musiche splendide (di
Giovanni Venosta, collaboratore fidato di
Silvio Soldini) e un efficace
casting. Il lavoro di Enrico Pau mette in risalto la bravura di un attore
teatrale come Claudio Morganti e si nutre della vita di attore non
professionista, Davide Delogu.
Non tutto è risolto, c’è qualche sconfinamento immotivato e qualche brusca
interruzione. Ma l’urgenza di verità è tale da riuscire a rendere le
“asprezze” funzionali all’economia del racconto.
Giorgio Giliberti
sito ufficiale:
http://www.pesileggeri.com |