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PARIS, DABAR

   

Paris, Dabar

Regia: Paolo Angelini

Interpreti: Roberto Bozzetti, Osvaldo Caracciolo, Guido Cristini, Maria Letizia Caciagli, Mario Gatti, Leonardo Piceller, Antonio Roma, Gabriella Sportelli, Michele Vietri, Michele Zaniboni.

Soggetto: Paolo Angelini

Sceneggiatura: Paolo Angelini con la collaborazione con Guido Cristini, Osvaldo Caracciolo e Barbara Francesca Serofilli

Fotografia: Cristian Alberini, Michele Consolo

Scene e Costumi: Beatrice di Lallo

Musica: Gaetano Pellino

Suono: Michele D’Attanasio, Renate Anita Kerner

Montaggio: Michele D’Attanasio

Produzione: PIDGIN di Andrea Gropplero di Troppenburg

Paese: Italia  Anno: 2001

Durata: 90'

Distribuzione: Verdecchifilm (2003)

Sito ufficiale: www.parisdabar.com

   

Il sole sorge dietro la Garisenda

Bologna, Via del Pratello, quartiere popolare. Lontani dai Roxy Bar e dalle Osterie di fuori porta, e non in termini di chilometri. Quattro squadre, facce di pasoliniana memoria e una gara- tour etilica nei quattro bar della via a chi beve di più. Ed un regolamento ferreo. C’è Osvaldo, l’organizzatore pugliese, gestore di un bar. C’è Rama, e le sue formazioni del Bologna ’63-’64. Poi c’è il Trippo, ogni due parole una bestemmia. E poi ci sono il Pappa, Gabry, Mario e la sua crew. La Leti e la sua violenta foia. Poi c’è Zani, che seguirà tutto da casa, con un boccione da 5 litri di bianco. E ci sono le esistenze pese di queste partecipanti alla Parigi- Dabar del maggio del 2000. Vince chi avrà bevuto di più alla fine delle quattro ore della competizione, senza aver mai vomitato. Questa è la storia, ma non rendiamo merito al film se ci fermassimo qui. Non si tifa per un vincitore, non ci sono né buoni né cattivi, non è importante chi passerà la notte con Luna, il viadospremioasorpresa della gara. Non ci si immedesima con la vita di nessuno e non sarà possibile commuoversi, non c’è neanche il compiacimento per la Bologna che ci hanno fatto sempre vedere: bici, "belle gnocche" e portici al tramonto. Non ci sono belle facce o attori consumati da strapparci l’applauso. I protagonisti sono quasi tutti dilettanti e brutti da non meritare neanche un posto tra il pubblico in studio di Alda D’Eusanio. Il film però…Non c’è un attimo di tregua. Si parte sobri e si finisce alticci, se non completamente sbronzi come i nostri "eroi". E la telecamera, ubriaca anch’essa, asseconda il saliscendi tipico della "ciucca". Primi piani e campi aperti, interni ed esterni, soliloqui esistenziali e caotiche conversazioni di gruppo, alticce perdipiù. Michele dai microfoni di Radio Kappa e i "segnales de vida" di Zana, e Trippo con le sue bestemmie. C’è chi pensa nostalgicamente alla mamma e chi si riconcilia dopo violente discussioni. Chi piscia sotto un portico in pieno giorno e chi pomicia furiosamente per terra di notte.

Insomma, c’è tutto mischiato a tutto: nostalgia, allegria scanzonata, gioventù e gioventù passata, malinconia e "fancazzismo", sentimento, passione, ma anche istinti della peggior specie. Un pandemonio!

E allora vedetelo questo road-movie. Vedetelo perché effettivamente non se ne poteva più. Non se ne poteva più dei Muccino e della sua generazione coi miliardi in crisi. Non ne potevamo più neanche del buonismo delle finestre di fronte. Ci Paris, Dabaravevano rotto i coglioni questi trentenni borghesi alla ricerca di se stessi e dei soldi delle major cinematografiche. Il cinema italiano è vivo e lotta insieme a noi. La colonna bolognese è la più attiva, ha il coltello tra i denti (come dimenticare Almost blue e Fortezza Bastiani?!), e attenti parrucconi e nani e ballerine e cantanti…Per voi e le vostre storie autobiograficoesistenzialiborghesi potrebbe esserci sempre meno spazio. Tanto che vi frega, qualche fiction buonista da prima serata ve la produrranno sempre e le "porte a porte" saranno sempre aperte per voi. I critici grideranno al miracolo e si parlerà di rinascita del cinema italiano. Ma noi non ci cadremo. Preferiremo sempre i veri e le loro storie. Sì, anche le bestemmie di Trippo e la "sgrazia" della Leti. Arrivederci alla prossima, sperando che l’estate vera non ci costringa agli "harry, pioggia di sangue", che tanto piacquero al Nanni Moretti di Caro Diario.

P.S.: chissà se Cofferati, lo vedrà mai il film….

 

Simone Pollano