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Swimming Pool |
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Swimming Pool è un piccolo gioiello. Ozon smessi i panni del giullare, dopo il pur gradevole 8 donne e un mistero, torna ad essere quell’autore freddo e spietato che avevamo lasciato con l’opprimente Sotto la sabbia, e i due film hanno non poche cose in comune. Se “sotto la sabbia” la follia era così vicina alla normalità, alla vita ed alla morte, in Swimming pool essa viene mitigata dalla fantasia, dall’arte, e nei due film ad essere raccontata è la fuga dalla realtà, e in entrambi i casi: Charlotte Rampling. Qust’ultima opera di Ozon è un viaggio dentro i meccanismi creativi dell’arte, è la narrazione di una gestazione che trova la sua nascita negli ultimi fotogrammi. Il film si apre e si chiude in continuazione rigenerandosi ogni qual volta un personaggio fa il suo ingresso nella storia e monta sulla giostra visiva che Ozon magistralmente ha creato. È come se ogni figura portasse con sé un genere, così Sarah rappresenta ed è la proiezione di quell’autorialismo più intellettuale che fa del minimalismo la sua bandiera, Julie è l’erotismo più sfacciato, l’esatta sintesi tra una lolita ed un’attricetta porno, è il cinema erotico degli anni 70, è come se in Sapore di mare Isabella Ferrari fosse stata spudoratamente senza veli, ed infine, Frank (senz’altro non casuale la sua somiglianza con John Holmes) che porta con sé il vento che tutto spazzerà, lui è il genere giallo, è l’intrigo, è l’elemento che romperà gli equilibri e farà confondere il bene con il male, la complicità con l’amore. Questa commistione di generi ed atmosfere e questo continuo mutare sotto i nostri occhi, solitamente, danno vita a film senza identità e senza la coerenza narrativa necessaria, ma Ozon evita tutto ciò creando un immaginario visivo autosufficiente e le immagini potrebbero esistere a prescindere dal raccontato. La regia stessa è una metafora della creazione artistica. Dopo un inizio puramente descrittivo e per certi versi dimesso, all’arrivo tempestoso di Julie, Ozon si adegua, e la cifra stilistica si fa coraggiosa e poetica disseminando in tutto il film rimandi e contro-rimandi di puro senso formale che contribuiscono a creare quella coerenza tecnica di cui il film necessita. A questo punto l’opera è compiuta, il meccanismo funziona ed andrebbe bene così ma il giullare Ozon vuole anche sorprendere, ed allora, eccoti quattro discrete inquadrature messe lì nel finale che ridefiniscono il tutto ed apportano quella coerenza narrativa e letteraria evidentemente a rischio, data la difficile convivenza tra i diversi generi raccontati. In tal senso, è proprio la regia di Ozon l’unico veicolo interpretativo possibile per un film che è la messa in scena artistica di una creazione artistica. Le attrici? Charlotte Rampling mirabile e coraggiosa come suo solito, Ludivine Sagnier è destinata ad entrare nell’immaginario erotico di mezzo emisfero. Difficile dimenticarle.
Davide Catallo |
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