Le piccole sorprese della
vita, quelle che uno non dovrebbe mai sottovalutare: la redazione riceve
un pacchetto che contiene un cd fresco di stampa, più un press-kit
curatissimo (c’è addirittura una nota che avverte:
“Causa tipografo in acido, la tracklist sulla copertina
del disco ha invertito i titoli dei brani 11 e 12”).
Gli oggetti in questione finiscono nelle mani del sottoscritto,
accompagnati da un promemoria della dannata direzione messo lì a
sottolineare che trattasi di roba che, debitamente suonata a volume
ultramegaocchei, fa miracolosamente tremare i muri. Deadburger? Uh, i
miei vicini ne andranno pazzi, poco ma sicuro. E l’amministratore di
condominio busserà alla mia porta molto dopo mezzanotte per farsi una
birra in compagnia e chiedermene una copia masterizzata con dedica, vedi
tu se non ho ragione come sempre.
Fuori dalla pantanosa
routine della musica italiana, il progetto toscano nato nel 1996 da
Alessandro Casini e
Vittorio Nistri ed oggi assestatosi nella forma di
un quintetto, vanta collaborazioni con Paolo Favati,
Eraldo Bernocchi,
Roy Paci, ed ha appena scoperto di piacere a Julian Cope. Questo è il
loro quarto album dopo l’omonimo debutto del 1997 su etichetta Fridge
Records, l’EP Cinque pezzi facili (Sony/Fridge, 1999) e
S.t.O.r.1.e pubblicato nel 2003 dalla Wot 4.
Ingredienti base:
elettronica, noise industriale, free jazz, funk.
E la sana follia di
chi può permettersi il lusso di sragionare in studio di registrazione
con cognizione di causa, naturalmente.
Se mi piacciono?
Risposta affermativa, miei cari lettori. Dentro C’è ancora vita su
Marte prende gradualmente forma un universo (ovvero tutto ciò che
chiunque faccia musica, scriva, reciti o imbratti una tela dovrebbe
realmente offrire al pubblico). Per gradi, poiché al primo ascolto,
l’album è un proiettile di grosso calibro che ti stende a velocità
supersonica prima ancora che tu possa formulare la solita idea idiota in
agguato (“Uhmm…somiglia a…”). TRACK 1: Permafrost, uno
strumentale di 1’ e 18” che prepara il terreno alla stupefacente Come
ho fatto a finire in questo deserto (sì, è il tipo di K.O. che
avrebbero dovuto rifilarci i Bluvertigo se non avessero scelto di
mettersi in pantofole dopo un disco come Zero). Un po’ di
heavy-punk con contorno di fiati? No problem, arriva in Personal
Titanic, e sono altri 2’ e 38” di graffi (“Pianto
le unghie dentro il metallo e stringo forte come chi non ha un domani”).
Dentro Magnesio, su testo del poeta Giuliano Mesa,
convivono melodia e furore e si ascolta il sax alto di Jacopo Andreini
(già collaboratore di Enfance Rouge, Ronin, OvO e molti altri progetti)
sovrapposto a campioni manipolati della Sun Ra Arkestra.
Gli
aromi africani tornano in Amber, con il theremin di
Vincenzo Vasi (nel suo curriculum, collaborazioni con Mike Patton, John
Zorn e Wu Ming 1 per il progetto New Thing). I Deadburger la
definiscono “Una storia di voodoo urbano”,
precisando che “Il voodoo viene associato
principalmente ad Haiti, ma è diffuso anche in Nigeria e in altri paesi
africani” e che
l’Amber del titolo è un’immigrata clandestina che di notte evoca i Loa
per vendicarsi dei soprusi ricevuti durante il giorno.
Istruzioni per
l’uso della signorina Richmond
prende in prestito le parole di Nanni Balestrini per muoversi
nell’orbita (anche qui con ottimi risultati) degli Area di Acrostico
in memoria di Laio. Neanche metà disco e arriva I veri
uomini stanno a Chieti, ispirata dalle gesta dell’ex sindaco della
città abruzzese Nicola Cucullo, convinto divulgatore di valori virili e
fascisti, nonché ammiratore dichiarato di Adolf Hitler. A proposito di
veri italiani: più avanti c’è S.B.S (Sandro Bondi Syndrome), e
per questo strumentale, la band tira in ballo una definizione di Flaiano
sugli italiani: “Sempre pronti a correre in
soccorso dei vincitori”.
C’è tanto da scoprire
in un disco ispirato come
C’è ancora vita su Marte.
Con la sola esclusione delle noiosette scivolate prog de Il Ciclo
r.e.m. di una città stanca (1 & 2), questo lavoro contiene materiale
sonoro di altissimo livello che rende i Deadburger alieni in patria,
eredi di un’intelligenza buttata giù da un oceano di porcheria totale.
Il
mio
amministratore di
condominio mi ha chiesto di masterizzarglielo. Gli ho risposto:
“Attaccati al tubo del gas, oppure vattelo a comprare, che è bellissimo
anche il booklet con grafica e foto di Alessandro Casini!”
(J.R.D.)
www.deadburger.it
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