Salentini con la testa altrove. Come Amerigo Verardi, gli Psycho Sun, come
Andrea
Mangia, 24 anni, a.k.a. Populous, musicista accasatosi con l’etichetta
berlinese Morr, come gli Studiodavoli, giunti al secondo album su Record
Kicks dopo Megalopolis, cocktail di beat-funk-space age pop che un
paio di anni fa ammaliò istantaneamente pubblico e critica. Per la band non
era abbastanza, almeno dal punto di vista strettamente artistico: «Per come
la vedo io, possiamo fare meglio. I pezzi attualmente in lavorazione sono
sicuramente un passo avanti.» Perché «L’importante è crescere, restando
però eternamente, meravigliosamente bambini.» Queste frasi pronunciate
l’estate scorsa da Gianluca De Rubertis le
avevo riposte da qualche parte nella mente (io che dimentico tutto un
secondo dopo!) sapendo che mi sarebbero tornate utili in un momento come
questo.
È
da un po’ che Decibels for dummies gira
nel mio lettore, finalmente posso rompere la consegna del silenzio e
dichiarare che, se le cose che mi piacciono meno del disco in questione sono
la copertina e la bonus track Senza fine, cover del vecchio successo
del duo Vanoni-Paoli, tutto il resto dimostra che i ragazzi fanno sul serio:
alle prese con un nuovo capitolo della loro storia riescono a creare musica
guardando avanti, in uno stato di continua evoluzione formale.
Impazzisco per il delirio psych-pop (con inserto di organo Manzarek-style)
di Optical love, per il ritmo
sotterraneo che muove Stay on e la notturna, moroderiana City
dweller (pensate ai Primal Scream che incontrano Kate Moss sulle note di
Some velvet morning di Lee Hazelwood).
Mi piace perdere la cognizione del tempo con il duetto french-swing di
Kiss e nei 3’ e 37” di Sticker e anche You don’t sing it right
non è male, brano in cui la voce dalla grazia sensualmente ipnotica di
Matilde De Rubertis sembra fluttuare in tempo e tonalità, libera dai vincoli
gravitazionali.
Matilde è Marianne Faithfull e Nico fuse insieme, ma è anche semplicemente
Matilde: velluto spirituale, un biglietto di prima classe che spedisce
l’ascoltatore in un incantato paese delle meraviglie. I suoi soci non sono
da meno (oltre al fratello Gianluca, Riccardo Schirinzi e Giancarlo
Belgiorno): musicisti preparati che non si accontentano di fare i comprimari
della talentuosa signorina, un ensemble per niente disposto a lasciarsi
distrarre dai pur lusinghieri paragoni spesi fin qui dalla critica (Stereolab,
Air, Broadcast, etc.).
All’inizio c’erano le Valvole Davoli: prove generali per un quartetto
destinato prima a vincere l’edizione 2002 del festival Arezzo Wave, poi ad
attirare l’attenzione del discografico Nicolò Pozzoli.
Cambiano nome, affinano un sound effetto retrofuturama che nel suo
perfezionarsi azzera l’insipida sottigliezza, i fallimenti imbecilli di
molte altre “facce nuove” (del rock, del punk, di un jazz sempre più fottuto
dalla tecnica). Gli incontri con Stefano Manca, titolare dello studio di
registrazione SudEst, il già citato Populous (ospite in I Prefer, un
pezzo da noir alla fine del cinemondo) e Tuma (l’influenza brasiliana del
gruppo), fanno il resto: vitamine, cibo per la mente, opportunità di
scoprire altri mondi (ri)partendo dalla comune passione per suoni e immagini
degli anni Sessanta.
Rispetto al suo predecessore, Decibels for dummies è un lavoro più
introspettivo, dai ritmi indolenti e smussati che lo rendono raffinato in
un’alchimia di scrittura e arrangiamenti mai stucchevoli. Colori tenui e
passaggi per nulla invasivi, armonie che sfidano l’immaginazione (l’iniziale
All the things, oppure la traccia numero
quattro Shorts and shirts che, insieme a Crystal camp, ricorda
molto le atmosfere degli Opal di Kendra Smith ).
Risultato eccellente: proprio un gran bel sentire, una grande lezione di
qualità su una corsia estetica di questi tempi poco battuta. Funziona
meravigliosamente dal tramonto in avanti, con un Martini dry sulla
scrivania, le luci basse e la foto di una spiaggia deserta, circondata da
rupi nere sul desktop. Outer space per anime in fuga.
(N.G.D’A.)
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