Uh, IL MASSACRO DEL
TAPPETO ROSSO!!! Un titolo, un tema centrale, un videoclip (per il primo
singolo Falling down, con le top models in terapia di
riabilitazione) che avranno già suscitato l’invidia dello scrittore
Bret Easton Ellis. Questa è la prima
cosa che mi è venuta in mente quando mi sono predisposto ad ascoltare il
nuovo album dei Duran Duran. Ex bellocci sfasciaclassifiche degli anni
’80. Pensi a loro e affiorano ricordi di orde di ragazzine urlanti, gli
articoli su Smash Hits, Sorrisi & Canzoni e Tutto
Musica & Spettacolo, poi le bellezze in topless che lottavano nel
fango (il videoclip di Girls on film
censurato dalla BBC), Is There Something I Should Know? che
arriva dritto alla posizione n° 1 delle charts UK, Wild Boys
ispirata dall’omonimo romanzo di William Burroughs, quindi la fan
italiana che scrive l’instant-book Sposerò Simon Le Bon, il
batterista che sposa una napoletana, il tema per James Bond Agente
007 - Bersaglio mobile, una colossale sbornia di successo con tutte
le conseguenze del caso (anche quella, materia buona per un romanzo di
Ellis).
Molte vite. Molto
rumore. Eppure, a prestar bene l’orecchio, non era tutto pop per sbarbe.
È il 2007: i
Duran Duran sono ancora tra noi.
Formazione nuovamente orfana di qualcuno (stavolta il fuoriuscito è il
chitarrista Andy Taylor e il suo
sostituto è Dominic Brown, già uomo ombra di Elton John, Lionel Ritchie,
Take That), lavorazione particolarmente difficile, con le prime sessions
in studio che risalgono all’autunno del 2005, un titolo provvisorio (il
disco avrebbe dovuto chiamarsi Reportage) ed una squadra
impressionante di produttori: Danja, Timbaland, Justin Timberlake, Jim
Beanz, Jimmy Douglass.
Paragonato a Red
carpet massacre, il precedente Astronaut (2003) prodotto da
Don Gilmore e Dallas Austin è davvero poca cosa. Qui il gioco si fa
davvero interessante, con un uso massiccio dell’elettronica e
l’ispirazione giusta come ai tempi di
Notorious e Big Thing. Ispirazione che trae spunto
dalla vita senza limiti delle star grandi o piccole che si ritrovano a
sfilare sui tappeti rossi prima dell’ennesimo down da alcool e droghe:
il naso intasato, gli occhi trafitti da 100.000 spilli, un’ascia in
testa e il linguaggio dissociato. Vedi alla voce Britney Spears. Vedi
alla voce Whitney Houston. Consulta i gossip dell’ultimo anno su Kate
Moss e il suo (ex?) fidanzato cretino. Fai uno squillo alla clinica che
si è occupata di rimettere in piedi il tuo idolo preferito.
“Why has the sky turned grey / Hard to my face and cold on my shoulder /
And why has my life gone astray / Scarred by disgrace / I know that its
over / Because I’m falling down / With people standing round / But
before I hit the ground / Is there time / Could I find someone out there
to help me?”
Anche se stavolta
concede poco o nulla al falsetto, la voce di Le Bon è sempre quella
(solo il fisico si è fast-foodamercanizzato). Il sound ritrova
l’elettronica e il ritmo, con qualche episodio che si tinge di funk
nerissimo e diversi momenti davvero interessanti (dall’iniziale
Valley al già citato Falling down che comincia con un
arpeggio di chitarra alla Red Hot Chili Peppers).
E poi: un pizzico di
hip-hop, una manciata di moderno r’n’b. Il tocco vintage del moog in
Last Man Standing.
Hanno faccia tosta, i
Duran Duran. Hanno (non meno di Madonna e Kylie Minogue, per citare
altre due illustri sopravvissute agli anni ‘80) la facoltà di sentire
ancora da che parte tira il vento (un brano come
Tempted ha le carte in regola
per fare sfaceli in discoteca). E se alla fine, dopo ripetuti ascolti il
giudizio non cambia tenendosi sulla linea dell’album che regge bene,
significa che questa band griffata da capo a piedi non è ancora pronta
per la pensione. Parliamo di pop, naturalmente. Il concetto di
capolavoro, in ambito pop è opinabile. Però chi se ne frega: Falling
down è davvero un gran pezzo e oggi mi sento sbarbo anch’io!
(J.R.D.)
http://www.duranduran.com/ |