NEWS  
CINEMA  
CINQUE PUNTO 1  
MUSICA  

Black Sabbath  

Casino Royale  

Chaos| Order  

Dave Gahan  

Deadburger  

Depeche Mode  

Depeche Mode: SOTU  
 
Depeche Mode:Discografia  

Duran Duran  

Editors  

Ennio Morricone  

Federico Fiumani  

John Frusciante  

Grinderman(Nick Cave Side Project)  

Guns N’ Roses  

Jarvis Cocker  

Killing Joke  

Kraftwerk  

Madonna  
  Marilyn Manson  
 
LCD SOUNDSYSTEM  

Marlene Kuntz  

Massive Attack  

Miles Davis  

Nine Inch Nails  

Pankow  

Pere Ubu  

Psychic Tv  

Portishead  
 
Primal Scream  

Psycho Sum  

Rammstein  

Recoil: subHuman  

Recoil: Selected  

Red Hot Chili Peppers  

Scott Walker  
 
Sonic Youth  
 
Stars  
 
Studio Davoli  

The Good The Bad & The Queen  
 
The Orange Man Theory  
 
The Stooges  

Tobia Lamare & The Sellers  

Tom Waits  
 
UNKLE: Self Defence  
 
UNKLE: War Stories  
LETTURE  
ARTE  
FUMETTI  
INCONTRI  
BLACKBOX  
IL POTERE DEL MEDIO  
OLTRE  
STANLEY KUBRICK  
TEMI DEL DESKTOP  
LINKS  
ARCHIVIO  
DEPECHE MODE TOUR 2005-2006
 
Google
Web blackmailmag.com
 

SCOTT WALKER: The Drift (4AD)

Ordina da iBS Italia o da CDWOW

“A moving aria for a vanishing style of mind”

 

Comincia con queste parole l’ultimo album inciso da Scott Walker. Il primo, a undici anni di distanza dal precedente Tilt (escludendo la colonna sonora originale del film Pola X di Léos Carax nel 1999), il quattordicesimo della sua carriera come solista.

   Lo metti su (consigliato l’ascolto in cuffia, volume al massimo) e di colpo ti ritrovi a pensare che questo The Drift potrebbe essere il lungo delirio di un malato di mente oppure il disco più autenticamente rock delle ultime due o tre decadi. La risposta, probabilmente, è: entrambe le cose.

   Mi sono documentato: diverse voci – autorevoli o meno non fa differenza – affermano che incontrare la musica di Scott Walker è un’esperienza che rimanda a un bel po’ di nomi della musica e dell’arte tutta. In ordine sparso: Ligeti, David Lynch, Bowie, Nick Cave, Schönberg, Jacques Brel, Tim Buckley, i Nine Inch Nails, Brian Wilson e...non c’è da uscire fuori di testa?   

   Quella di Walker, vero nome Noel Scott Engel, è una storia lunga e curiosa. Nato il 9 gennaio del 1943 ad Hamilton, Ohio, famoso tra la fine degli anni Cinquanta e il primo scorcio dei Sessanta soprattutto come componente dei The Walker Brothers, sorta di proto-boy band di pop-soul bianco, alcolista duro negli anni Settanta. I Walker Brothers si sciolgono nel 1967 e tentano la carta della reunion nel 1975. Dopo una manciata di dischi ancora accessibili (Scott; Scott 2 e Scott 3 godono di ottimo successo in Inghilterra), il nostro si incammina verso territori impervi che, pur allontanandolo dalla gloria delle charts, lo renderanno – parole sue – “l’Orson Welles dell’industria discografica”. Un musicista di culto, chiamato nel 2000 a curare il programma del Meltdown festival; produttore nel 2001 del disco dei Pulp We love life; premiato nel 2003 dalla rivista britannica Q per il suo contributo alla musica contemporanea (onore riservato in precedenza solo a Phil Spector e a Brian Eno). Altre collaborazioni di rilievo: Ute Lemper, The Richard Alston Dance Project, Goran Bregović, Nick Cave (il brano, datato 1996, è I Threw it all away), la soundtrack del film 007 – The World is not enough (incide la canzone di David Arnold Only myself to blame).

   Più di recente, il filmaker newyorkese Stephen Kijak ha portato a termine il documentario Scott Walker: 30 Century man che include sequenze girate durante la lavorazione dell’ultimo disco ai Metropolis Studios di Londra, oltre  ad interviste a Gavin Friday, Radiohead, David Bowie (anche produttore esecutivo del film) ed altri musicisti.

   The Drift giunge nei negozi sotto il marchio 4AD e raccoglie degnamente l’eredità di Tilt, album di confine, oggetto anticommerciale che omaggiava Pasolini in una sorta di “aldilà” della musica tutta. C’è soul e blues in queste dieci tracce, ma non sono il soul e il blues che tutti conosciamo perché The Drift è una sfida all’ascoltatore, una stanza degli orrori (i fantasmi di Claretta Petacci e Benito Mussolini nella lunghissima Clara; il gemello morto di Elvis Presley in Jesse; le gesta di Milosevic in Buzzers), dei turbamenti dell’anima e, ancora, un film o un romanzo per le orecchie: spiazzante, ostico, mutante, free-form. Tutto è oscuro come il bellissimo artwork di Vaughan Oliver scelto per la copertina; non ci sono vie di fuga, neppure nell’acustica chiusa di A Lover lovers, enigmatico sigillo che sembra riportare pressappoco alla forma canzone: “This is a waltz for a dodo / A samba for Bambi / Gavotte for the Kaiser / Bolero for Beuys / A reel For Red Rosa / A polka for Tintin...”

   La voce baritonale di Walker è l’asse portante del lavoro. È una voce che ha fatto tesoro del crooning vecchio stampo (Sinatra e Tony Bennett), del lirismo di Brel e del canto gregoriano e adesso si muove perennemente in equilibrio su un muro sonico industrial-cameristico. Orchestra e rumori, percussioni selvagge, ragli d’asino (Jolson and Jones), effetti sonori che arrivano all’improvviso, simili a violente scosse sismiche. Destrutturazione continua. Lamenti e grida con isolate aperture melodiche. In The Escape (Thank you Mr. K) il labirinto si allarga, diventa abisso infernale, minaccioso punto di non ritorno.

   Che razza di disco è questo? Me lo chiedo ancora, al quarto ascolto. Walker forza le porte della pigrizia di tanti suoi illustri colleghi, è un chirurgo che interviene sul corpo della musica senza anestesia, assistito da un team di altissimo livello (Vanessa Contenay-Quinones, già con A Guy Called Gerald, è seconda voce voce in Clara; John Giblin suona il basso in quattro brani; Peter Walsh supervisiona la produzione). Irritante e geniale: lo zio putativo di Trent Reznor, il socio mancato dei Suicide, l’anello di congiunzione tra LaMonte Young e il Lou Reed di Metal Machine Music.

 

(N.G.D’A.)

 

Sul Web: http://www.4ad.com/scottwalker/

                http://www.scottwalkerfilm.com/blog/

                http://www.thewire.co.uk/web/umpublished/scott_walker.html