Sì, sono tempi duri per la
musica: niente di eccitante, niente di nuovo sotto il sole, la routine del
mercato e bla-bla-bla. Ve l’ho già raccontata questa? Beh, stavolta ci
aggiungo qualcosa di diverso, tranquilli. Tempi cialtroni, si diceva, eppure
abbiamo già tanta musica importante alle spalle, pezzi di futuro magari
vecchi di mezzo secolo. Solo anagraficamente vecchi, intendo. Prendete certi
dischi baciati dalla grazia divina, nati in periodi particolarmente buoni e
poi entrati nelle case di milioni di persone (quando milioni di persone non
si rincoglionivano con il duo Ventura-Venier alla tele, intendo). Sono lì, e
ci hanno fatto battere forte il cuore, ci hanno portato in posti
lontanissimi, dentro mondi sconosciuti distanti anni luce dal nostro
psicotico mondo, dalle magagne quotidiane e bla-bla-bla...
Miles Davis registrò
Kind of Blue tra il 2 marzo e
il 22 aprile 1959. In studio (con una paga sindacale di 64,67 dollari al
giorno), insieme a lui c’erano Julian ‘Cannonball’ Adderly,
Bill Evans, Paul Chambers,
Jimmy Cobb, il nuovo pianista Wynton
Kelly (sul brano Freddie Freeloader) e soprattutto John Coltrane, in
quel periodo con un piede nel gruppo e uno fuori, verso una carriera solista
che lo avrebbe portato molto lontano.
Jazz modale: gli accordi
non hanno l’obbligo di rispondere alla tonalità, cioè di essere costruiti
per armonizzazione dei vari gradi della tonalità. Diverse scale dalle
diverse sfumature vengono associate ad ogni accordo sempre infischiandosene
della tonalità. Tutto chiaro, no? Vabbe’. È roba dalle radici africane,
quello stesso seme che porterà Coltrane all’illuminazione chiamata ‘New
Thing’. Miles si butta a pesce dentro questa cosa: basta col Bebop. Basta
con l'Hard bop, si cambia completamente pagina, e le prime avvisaglie si
erano già avute con Milestones
del 1958. Bill Evans ci mette del suo, è il complice perfetto per il piano
che il grande uomo di Alton, Illinois ha in mente. So What si muove
su un singolo accordo rivoltato come un calzino: puoi ascoltarla
all’infinito e sarà sempre come guardare dentro un caleidoscopio dai
cromatismi ora blues, ora orientali. Freddy Freeloader è appena più
semplice, più accessibile ai puristi del blues. Stesso discorso per Blue
in Green, dove il pianoforte scorre tranquillo con pochi scarti mentre
gli altri strumenti improvvisano (e qui viene fuori un memorabile confronto
Evans-Coltrane). Tempo dispari per All Blues, 11 minuti e 33 secondi
con un ottimo lavoro di Coltrane e
Adderley mentre Miles fa planare tranquillo la tromba sull’insieme. Poi
arriva Flamenco Sketches, elegante al punto da essere diventato per
molti il pezzo preferito del lotto. Testimonianza di Bill Evans: "Durante
quelle registrazioni stavamo bene, ma non avevo la minima idea – anzi credo
che nessuno di noi l'avesse -che ciò che stavamo facendo sarebbe
sopravvissuto così a lungo". La musica e la vita intese come una questione
di stile: Kind of Blue, inciso in una chiesa greco ortodossa
sconsacrata di New York sulla Trentesima Strada, acquistata e trasformata in
studio di registrazione dalla Columbia, è il disco più famoso e venduto
della storia del jazz. Per celebrarne la grandezza, la Columbia Legacy ha
dato alle stampe un costoso cofanetto con doppio cd, Dvd, un Lp in vinile
colorato (blu) 180 grammi, un poster e un libretto di 60 pagine.
Intendiamoci, pochi spiccioli in confronto al mutuo che un povero cristo
dovrebbe fare per entrare in possesso del box set
The Cellar Door Sessions 1970. Il Dvd contiene un
documentario già edito (sottotitolato in Italiano) interamente curato da
Ashley Kahn, critico musicale un po’ più famoso del sottoscritto e autore di
un documentatissimo libro sulla nascita dell’album in questione tradotto in
italiano da Francesco Martinelli e pubblicato da Il Saggiatore. Interviste a
Herbie Hancock, Jimmy Cobb, Bill Cosby, Ron Carter, Eddie Henderson, Shirley
Horn, Jackie McLean, Dave Liebman, Horace Silver, John Scofield e Carlos
Santana, poi la storica trasmissione del 1959 ‘Robert Herridge Theater: The
Sound of Miles Davis’ messa in onda dalla CBS in occasione del lancio
dell’album. Il resto? Versioni alternative, memorabilia, roba per
collezionisti feticisti. Ma che disco sublime, che sound, ragazzi miei. Il
rapper Q-Tip lo paragona alla Bibbia e forse questa non è esattamente una di
quelle puttanate colossali che i rappers dicono davanti a un microfono dopo
aver spento la centesima canna della giornata. Squadra perfetta, tutti primi
della classe. Quando la musica aveva ancora un senso.
(J.R.D.)
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