Trenta
brani divisi su due cd per un totale di 102 minuti e 9 secondi costituiscono
l’omaggio di Mike Patton e della sua stramba etichetta Ipecac di Orinda,
California, a Morricone. Un tributo che pesca nel repertorio meno conosciuto
del grande compositore italiano, o almeno nel mare magnum delle soundtracks
scritte per commedie, horror e gialli in un periodo compreso tra gli anni
’60 e la prima metà dei ’70 (unica incursione negli anni ’80, un pezzo
tratto dal film La Storia vera della signora dalle camelie).
C’è spazio per il visionario Una lucertola con la pelle di donna di
Lucio Fulci (l’anno è il 1971, gli interpreti Florinda Bolkan e Stanley
Baker) e per le ormai famose prime prove di Dario Argento
L’uccello dalle piume di cristallo (1969) e
Il Gatto a nove code (1971), ma anche per L’Anticristo (1974),
pellicola inserita nel filone esorcistico diretta da Alberto De Martino,
Giornata nera per l’ariete (1971) di Luigi Bazzoni (con Franco Nero come
protagonista e Vittorio Storaro alla fotografia), poi per il noir Gli
occhi freddi della paura di Enzo G. Castellari (1971), la commedia nera
Barbablù (1972) di Luciano Sacripanti
a.k.a. Edward Dmitrick (interpreti: Richard Burton, Raquel Welch, Virna
Lisi), Metti una sera a cena (1969), Un Bellissimo novembre
(1969), Cuore di mamma (1969), Il Serpente (1973) ed altri
ancora.
Sono gli anni d’oro di Bruno Nicolai e Riz Ortolani, di Piero Umiliani, Nico
Fidenco (che più tardi legherà il suo nome a una fetta consistente della
filmografia di Aristide Massaccesi/Joe D’Amato) e di un Piero Piccioni
passato nel 1968 dai film di impegno civile di Elio Petri e Francesco Rosi
all’eros esotico di Bora Bora per Ugo Liberatore.
Come osserva Francesco Adinolfi nel suo poderoso saggio Mondo Exotica
(Torino, Einaudi, 2000, pag. 335):
“Forse è proprio il vorticoso interscambio
di generi, musiche, attori, copioni e registi che tra il 1968 e il 1972
indusse Ennio Morricone, il nostro più rappresentativo compositore di musica
da film, a dedicarsi al thrilling tentando di affrancarsi dalle melodie
western che fino a quel momento lo avevano caratterizzato. Per sottrarsi
alla nomea di quello dell’armonica, del duello all’alba e dei
pistoloni, il musicista aveva, infatti, rifiutato numerose offerte di
lavoro, evidenziando una grande capacità di trasformazione ed evoluzione.”
Niente “Sciòn-sciòn”, dunque. Niente cadenze epiche. Niente Eastwood
occupato ad arraffare il suo pugno di dollari e neppure De Niro annebbiato
dall’oppio in una decadente fumeria cinese di New York. Pezzi rari,
sperimentali, bizzarri; incursioni nella musica concreta, nel beat, nella
psichedelia, in un jazz fortemente ispirato dalle traiettorie sinusoidali
del Miles Davis elettrico, come pure nell’universo di Bacharach: ecco
l’intrigante proposta, lo scrigno segreto del Maestro.
La
distanza temporale che ci separa dalle pellicole non produce effetti di
straniamento. All’interno di quella che Patton, sullo sticker esterno,
definisce non a torto
“An absolutely
essential morriconography”
si
viaggia alla grande: trip lunari, cosmici, dell’altro mondo (suggestiva la
prova cameristica e Il Buio, tratta dallo score de L’Anticristo).
L’idea della compilazione si deve ad Alan Bishop dei Sun City Girls e
nell’elegante booklet illustrato da fotogrammi dei film rappresentati,
spicca una sentita nota introduttiva di John Zorn (se non avete mai
ascoltato il suo The Big gundown, album interamente dedicato a
riletture di temi morriconiani o la versione de Il Clan dei siciliani
sul primo disco dei Naked City, la lacuna è grave!). Crime and dissonance
è molto più di una curiosità musicocinefila, soprattutto quando
documenta le collaborazioni tra Morricone e direttori come Franco Tamponi,
Nicola Samale, il già citato Nicolai o con il Gruppo di Improvvisazione
Nuova Consonanza. Un dieci pieno al generale Patton, alla sua squadra e
all’operazione!
(J.R.D.)
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