ELEFANT: Sunlight makes me paranoid

ELEFANT: Sunlight makes me paranoid (kemado records)

ELEFANT: Sunlight makes me paranoid Il rock moderno sta viaggiando da qualche tempo su binari costanti e rigidamente delineati.

Continuare a parlare di gruppi clone, assumere atteggiamenti intransigenti nei confronti di chi assomiglia a questo o quel gruppo, ha quindi poco senso. Meglio riconoscere quelle band che hanno invece una marcia in più al di là di similitudini che come in questo caso sono a dir poco eclatanti.

Gli Elefant poi vantano credenziali promettenti.

Affermatisi in tour con gli Interpol hanno lanciato sul mercato un singolo al fulmicotone (Gallery girl). Che poi Morrisey si sia scomodato per esaltarne le doti ci credo poco, soprattutto considerando che è impegnato a far sapere al mondo che sta abbandonando le scene.

C’è poco da fare. Sunlight makes me paranoid suona maledettamente bene.

Nulla di originale.

Sobriamente funziona.

Canzoni come Bokkie sembrano uscite dal repertorio dei migliori Placebo mentre in Misfit sono gli Strokes il principale punto di riferimento. Raga rock vagamente dark con l’incedere incalzante che tanto piace agli Interpol fans e in generale a tutti coloro che hanno amato Joy division e Bauhaus.

A volte poi come nel caso di Love i refrain sono assolutamente trascinanti, riff killer che ti entrano nella testa con estrema facilità e ti invogliano a canticchiare come un beota o a battere il piede furiosamente.

Ester è energia solare, brezza primaverile, pop assoluto.

Make up ci immerge in un clima torrido, esotico ma pur sempre minato da romanticismo neo dark.

La voce di Diego Garcia, leader della band di origine argentina, è dotata di un’indiscutibile gamma emotiva e si candida a diventare la voce più carismatica della scena post newyorkese. Vellutata e profonda, ruvida e sofferta, impreziosisce ogni brano senza mai strafare.

Sunlight makes me paranoid è un album capace di prendere per mano l’ascoltatore e di guidarlo attraverso i momenti salienti della musica rock decadente, un luogo della memoria che volenti o nolenti dobbiamo imparare ad accettare.

Jo Laudato