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BETTY DAVIS: This is it! (Vampi Soul) |
“A Betty piaceva molto questa musica, e più tardi scoprii che le piaceva molto Jimi anche fisicamente”, racconta il più grande musicista di tutti i tempi in Miles, l’autobiografia scritta a quattro mani con Quincy Troupe. Betty, la molotov del sesso che arrivò dopo la fine della relazione con Cicely Tyson. Betty, protagonista della copertina di Filles de Kilimanjaro e musa ispiratrice del brano Mademoiselle Mabry sullo stesso album. Betty, che in quel periodo addomesticò Hendrix e più tardi sottomise a colpi di frustino il viso pallido Robert Palmer ma tra un pasto umano e l’altro trovò il tempo per farsi tatuare sulle chiappe la frase: THIS ASS INVENTED FUSION. Capito che tipa? Gran figa venuta al mondo nel North Carolina. Sposata dal trombettista a Gary, nell’Indiana, titolare di tre dischi usciti a suo nome tra il 1973 e il 1975, oggi sessantenne a riposo in una casetta in Pennsylvania. Aveva grinta. Aveva una personalità incredibile (“Se Betty cantasse oggi, sarebbe qualcosa tipo Madonna; del genere di Prince, solo donna.”, si legge ancora in Miles). Aveva una voce da levar la pelle che, scopriamo adesso, ha fatto scuola e doposcuola alle signore del r’n’b di questo millennio digitale. Fidatevi: per quanto talentate, Macy Gray, Missy Elliot e Kelis possono solo esserle riconoscenti per essersi ritirata dalle scene dopo una brutta crisi depressiva nella seconda metà dei ’70. Meglio ancora, schifosi scettici: procuratevi questa sublime antologia appena pubbicata dalla Vampi Soul con il beneplacito della diretta interessata: 19 canzoni infuocate, esplosive, strabilianti. Motore a scoppio, verve, charme. Un best of da paura, pieno di sesso torrido e sudore (lo giuro: ho un’erezione ogni volta che ascolto la cattivissima Funk). This is it! è un disco pazzesco per qualsiasi mente sana, lo scrigno che custodisce preziosi boccioli come l’iniziale If I’m luck I might get picked up (organo assassino, produzione di Gregg Errico), Anti love song, Steppin’ in her I Miller shoes (ah, se i Rolling Stones fossero stati neri!) e la languida Shoo-b-doop and cop him. Un caleidoscopio rosso porpora nel quale gravitano schegge di George Clinton e del Padrino del soul James Brown, chitarre da sturbo e colpi di basso/batteria che arrivano dritti all’inguine. Betty soffia, graffia, ruggisce. Betty è una furia turbolenta e bella spuntata fuori dalla giungla urbana. Betty ti chiude all’angolo e mette in chiaro le cose (Your man my man). Ammicca. Sculetta. Ridacchia. È un sogno bagnato che non fa prigionieri neanche quando si finge arrendevole come in You and I, ballatona con tromba davisiana in secondo piano. Un’artista che se tornasse a calcare le scene in questo secolo divorerebbe tutte le sue eredi in un sol boccone (e fa gola sapere che da qualche parte esiste un intero album inciso da Miles e Betty insieme ad un pugno di turnisti del giro di Hendrix, finora mai pubblicato). Fuori c’è il sole, comincia a far caldo. L’ascolto di This is it! alza la temperatura, migliora decisamente l’umore. Pezzo forte del giorno: They say I’m different. Nessun dubbio in proposito. (J.R.D.) |
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