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BETTY DAVIS: This is it! (Vampi Soul) |
Mettiamola in questi termini: il 1968 fu l’anno meraviglioso in cui Miles Davis prese una cruciale sbandata per la musica di James Brown, Sly & the Family Stone e Jimi Hendrix. La sterzata epica verso il rock, il funk, la psichedelia. Capolavori come In a silent way, Bitches brew, On the corner, non so se mi spiego. Un sound più ritmico. Teo Macero precursore della moderna arte del remix. Avete studiato tutti la Storia, no? Conta soltanto il carattere. Contano le palle. “A Betty piaceva molto questa musica, e più tardi scoprii che le piaceva molto Jimi anche fisicamente”, racconta il più grande musicista di tutti i tempi in Miles, l’autobiografia scritta a quattro mani con Quincy Troupe. Betty, la molotov del sesso che arrivò dopo la fine della relazione con Cicely Tyson. Betty, protagonista della copertina di Filles de Kilimanjaro e musa ispiratrice del brano Mademoiselle Mabry sullo stesso album. Betty, che in quel periodo addomesticò Hendrix e più tardi sottomise a colpi di frustino il viso pallido Robert Palmer ma tra un pasto umano e l’altro trovò il tempo per farsi tatuare sulle chiappe la frase: THIS ASS INVENTED FUSION. Capito che tipa? Gran figa venuta al mondo nel North Carolina. Sposata dal trombettista a Gary, nell’Indiana, titolare di tre dischi usciti a suo nome tra il 1973 e il 1975, oggi sessantenne a riposo in una casetta in Pennsylvania. Aveva grinta. Aveva una personalità incredibile (“Se Betty cantasse oggi, sarebbe qualcosa tipo Madonna; del genere di Prince, solo donna.”, si legge ancora in Miles). Aveva una voce da levar la pelle che, scopriamo adesso, ha fatto scuola e doposcuola alle signore del r’n’b di questo millennio digitale. Fidatevi: per quanto talentate, Macy Gray, Missy Elliot e Kelis possono solo esserle riconoscenti per essersi ritirata dalle scene dopo una brutta crisi depressiva nella seconda metà dei ’70. Meglio ancora, schifosi scettici: procuratevi questa sublime antologia appena pubbicata dalla Vampi Soul con il beneplacito della diretta interessata: 19 canzoni infuocate, esplosive, strabilianti. Motore a scoppio, verve, charme. Un best of da paura, pieno di sesso torrido e sudore (lo giuro: ho un’erezione ogni volta che ascolto la cattivissima Funk). This is it! è un disco pazzesco per qualsiasi mente sana, lo scrigno che custodisce preziosi boccioli come l’iniziale If I’m luck I might get picked up (organo assassino, produzione di Gregg Errico), Anti love song, Steppin’ in her I Miller shoes (ah, se i Rolling Stones fossero stati neri!) e la languida Shoo-b-doop and cop him. Un caleidoscopio rosso porpora nel quale gravitano schegge di George Clinton e del Padrino del soul James Brown, chitarre da sturbo e colpi di basso/batteria che arrivano dritti all’inguine. Betty soffia, graffia, ruggisce. Betty è una furia turbolenta e bella spuntata fuori dalla giungla urbana. Betty ti chiude all’angolo e mette in chiaro le cose (Your man my man). Ammicca. Sculetta. Ridacchia. È un sogno bagnato che non fa prigionieri neanche quando si finge arrendevole come in You and I, ballatona con tromba davisiana in secondo piano. Un’artista che se tornasse a calcare le scene in questo secolo divorerebbe tutte le sue eredi in un sol boccone (e fa gola sapere che da qualche parte esiste un intero album inciso da Miles e Betty insieme ad un pugno di turnisti del giro di Hendrix, finora mai pubblicato). Fuori c’è il sole, comincia a far caldo. L’ascolto di This is it! alza la temperatura, migliora decisamente l’umore. Pezzo forte del giorno: They say I’m different. Nessun dubbio in proposito. (J.R.D.) |
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