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DOCTOR EXPLOSION: Totus tuus (Subterfuge Records) |
Tre giorni prima di Pasqua sono a Lecce e il mio avvocato mi strappa da un dopocena antibiotico per portarmi al pub Candle, dove si svolge lo Spring Party organizzato dal Cool Club con special guest i Doctor Explosion dalla Spagna: «Ho visto questi tizi dal vivo l’anno scorso e mi hanno fatto impazzire!», garantisce l’uomo di legge. Sono in tre, classica formazione chitarra, basso, batteria. Si presentano sul palco vestiti da antichi romani: toga bianca, corone d’alloro in testa come il vecchio Bluto di Animal House o i Fleshtones di Peter Zaremba periodo Roman Gods (1981). Pare che ogni tanto si divertano a infilare in scaletta una cover di Blue Monday dei New Order in salsa garage-punk. Quando attaccano a darci dentro con gli strumenti, impiego un nanosecondo a realizzare che la lancetta del divertimento è già scattata in alto, verso quella zona rossa che indica la presenza nell’aria di ROCK AND ROLL ALLO STATO BRADO. Cinque album e vari singoli alle spalle, un’energia devastante che trova le sue nobili origini tra i lombi di gente come Ramones, Fuzztones, Cramps e (scontato) nel verbo dei santi padri fondatori Jerry Lee Lewis e Chuck Berry. Nati artisticamente nel 1989 a Gijón (prime incisioni autoprodotte, quindi l’approdo all’indipendente Subterfuge con El Loco Mundo de los Jóvenes, secondo album uscito nel 1994), amano il Sixties sound e il caro vecchio vinile che sfrigola ma non si sono sottratti al dovere di allargare il culto compilando la doppia antologia in cd Totus tuus con tanto di appendice video (i quattro clips per Surf & shake, Dracula ye-ye, Not so cool e l’esilarante La Chatunga). Gli scatti fotografici usati per il booklet li ritraggono in fiera posa davanti al Colosseo. «Sono particolarmente soddisfatto di questo disco» mi dice nel backstage il vulcanico Jorge Muñoz-Cobo, voce, chitarra e acrobazie impossibili del trio. «Abbiamo collaborato con Liam Watson, già al fianco dei White Stripes e in questi due dischi c’è davvero la summa della nostra carriera.» Gli occhi gli si illuminano d’orgoglio quando mi mette in mano una brochure degli Estudios Circo Perrotti: «È il mio studio di registrazione». Tutta attrezzatura vintage, leggo: dagli amplificatori Vamp Power alle Gibson 330 del ’62, fino al 16 canali Telefunken. Inaugurato da poco, offerta promozionale valida per tutto il 2005: 20 euro l’ora. L’esperienza ai celebri Toe Rag Studios di Londra, insieme al produttore Bruce Brand (batterista dei Milkshakes e degli Headcoats) deve aver inciso parecchio sulla sensibilità di Jorge e dei suoi soci. Se ne trova traccia anche nelle prime cinque canzoni di Totus tuus, incluse la trascinante Rompí la TV e lo stomp crampsiano di Surf and shake. Il disco? Potrebbe conquistare legioni di nuovi fans, lo giuro sulle teste di Eddie Cochran e Gene Vincent. Le differenze d’impatto con il live show risultano quasi impercettibili, per cui il divertimento è assicurato al 100%, basta alzare il volume e infischiarsene dei grigi vicini di casa se la parola d’ordine è TO-GA, TO-GA, TO-GAAAH! Ritmi pandemonici. Atmosfera incandescente. Sesso da tutti i pori. Ululati al chiar di luna e birra che scorre a fiumi per gargarismi nottambuli. Frenesia schizoide da infarto come nelle poderose Thunderpussy girl e Mongol. Una sezione “en lengua culta” (spagnolo), l’altra “en lengua bàrbara” (inglese) per un totale di 28 brani grintosi, epidermici, perfetti per una serata stile Dal tramonto all’alba (magari in compagnia della vampira Salma Hayek). Urge un (mad) doctor! Ci vogliono gli strabilianti occhiali ai raggi X di Buddy Holly per riacquistare la vista appannata. Sembra proprio che l’ultracinquantenne rock’n’roll abbia trovato degli eredi credibili a notevole distanza dai complessi miliardari da classifica. Nella terra dei toreri, addirittura. ¡Ay, cómo tengo la región lumbar!
(N.G.D’A.) |
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