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DISCO DRIVE: What’s wrong with you, people? (Unhip Records) |
Ho comprato questo disco attirato dalla superba copertina di Alessandro Baronciani. Non so chi sia quest’uomo, non è mio parente, non ho il suo numero di telefono sull’agenda, non ci siamo mai sbronzati insieme ma ho intenzione di fargli sapere che ha realizzato un artwork da sturbo. Ora, il punto è: si può comprare un cd d’impulso, senza sapere niente di come suona, di chi l’ha fatto, eccetera? Ragazzi, faccio questo genere di cazzate 2-3 volte l’anno, non una di più, giuro. Quando butta male lancio fuori dalla finestra l’infame dischetto e mi tengo l’involucro, quindi apro il frigo e mi sparo mezza dozzina di lattine Q&T (Qualità & Tradizione) dal 1859 pensando che, capemmerda come sono, non ce la farò mai a mettere i soldi da parte per una vacanza a New Orleans o per comprarmi una Yamaha FZ6 nera di seconda o terza mano. I Disco Drive sono un trio torinese formatosi nel 2002: Alessio Natalizia plays the guitar; Andrea Pomini (quando non scrive di musica) plays the bass guitar; Jacopo Borazzo plays the drums mentre Everybody sings, non essendoci un leader, un vocalist, un baccalà al microfono, insomma. Il nome: bello quasi quanto la copertina e il titolo scelto per questo debutto di 35 minuti e 21 secondi dopo un paio di singoli e un pezzo (Quarantatre) sulla compilation della Rumble Fish What The Hell We're Still Doing Here. Il sound: niente di originale, ma credo che lo sappiano anche loro, chi li ha prodotti (Rudy Di Monte + Max Casacci) e chi gli ha stampato l’album (Unhip Records di Giovanni Gandolfi). Punk funk. Basso che pompa ringraziando a ogni giro il dio che ebbe l’idea di spedire sulla terra Sua Divina Grazia Jah Wobble. Chitarre che grattano come gatti sulla lettiera. Un po’ di !!!, qualche dubbata alla Clash, un pizzico di Black Eyes (band non trascendentale del giro Dischord durata lo spazio di due uscite). Però le vibrazioni ci sono eccome. Se The Leaving feet scivola via senza colpo ferire, con All about this le cose diventano finalmente toste: “And everything is looking brighter / Everything is looking clear / You found another thousand words / Words are gonna make you real”. Della serie: orecchie drizzate e culo che fa dest-sinist, sinist-dest come in un video della Red Light District. Regge anche Move along, con il tappeto di percussioni di Vito Miccolis che sa tanto di alta scuola DFA, mentre un’altra gradita sorpresa arriva dalla calda e dilatata Forward! (“I wish I just could improve myself / I wish I could move somewhere else / I wish I just could improve myself / I wish I could move somewhere else”). Safer now è (cazzarola!) un punkaccio bello tondo in zona Sonic Youth periodo Dirty: ottimo inciso, grande noise di chitarra e niente da recriminare. La conclusiva Computer tomorrow viaggia su binari intergalattici dub-psych: la giusta quiete dopo la furibonda tempesta. Cè una morale in tutto questo? Sissignore! Al terzo ascolto mi scopro moderatamente gasato. C’è qualcosa in questa band, ne sono sicuro. Vivaci, molto vivaci, viene voglia di vederli in azione sul palco. Energici e vivaci, confermo. Sono mica un’inglese capace di esaltarsi per la prima minchiata che arriva in redazione. E in fondo anche il primo dischetto dei !!! non era tutta ‘sta cosa, per Nic Offer & soci c’è voluto un po’ prima di arrivare alle vette compositive di Louden up now. Meno Washington DC la prossima volta non guasterebbe. Sono sicuro che ci sarà una seconda occasione perché, oltre la copertina, ho trovato un progetto piuttosto interessante. (J.R.D.)
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