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ICHI THE KILLER (Koroshiya Ichi) (scarica il Tema del Desktop) |
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Caustico, demenziale, cinefilo fino al midollo. Con la sua violenza da cartoon, il nuovo film di Takashi Miike (Audition; City of Lost Souls) ha scatenato l’entusiasmo del pubblico del XXII Fantafestival di Roma portando il delirio in sala. Applausi ad ogni sbudellamento, tifo da stadio che ha messo in secondo piano le grosse lacune organizzative di un appuntamento – vox populi - sul viale del tramonto (ufficio stampa fantasma, retrospettive raffazzonate, repentini cambi di programma, pellicole in concorso invisibili). Consola la visione di questo roboante trionfo di splatter d’altri tempi, mixato ai toni parodistici di Pulp Fiction, Il Grande Colpo e Natural Born Killers, alla satira dei Monty Python, alle trovate della trilogia di Evil Dead. Fonte: un manga di Hideo Yamamoto che nel Sol Levante (ma anche presso il popolo di Internet) è oggetto di un vero e proprio culto con migliaia di fans sparsi per il globo. Il protagonista del titolo è un nerd che dopo aver assistito inerme a uno stupro di gruppo, sviluppa una doppia, inquietante personalità dalle evidenti pulsioni sadiche. Manipolato dal vendicativo Jijii (Shinya Tsukamoto, il regista di Tetsuo), gangster emarginato dall’Organizzazione, lo sfigato, timido Ichi si trasforma in un killer dalle scarpe armate di lame affilatissime con le quali fa strage di tipacci della Yakuza e papponi psicopatici che gonfiano di botte ragazze indifese. Le stesse fanciulle appena salvate dai bruti non fanno in tempo a ringraziare che si ritrovano ridotte a dadini sul pavimento. Tutta colpa del caos che alberga nella mente del ragazzo: le sue missioni punitive gli provocano delle spaventose erezioni e alla fine il già precario equilibrio mentale del nostro va a farsi benedire. A rubargli la scena arriva il biondo Kakihara: look dandy tra David Bowie e Gary Oldman, faccia sfregiata, portamento flemmatico e filosofia di vita basata sull’equazione dolore = piacere. Kakihara è sulle tracce di Anjo, il suo boss scomparso insieme a una prostituta e a 100.000.000 di yen. È determinato a trovarlo e, nel corso della sua ricerca, si divertirà a torturare a morte (coi pretesti più banali) chiunque gli si pari davanti. Aspettando, s’intende, l’esilarante scontro finale con Hichi. Sesso & (ultra)Violenza. Troppo hard per i gusti correnti dei distributori italiani, non c’è dubbio. Estremo come un disco dei Painkiller o dei vecchi Napalm Death, in alcuni tratti prolisso e ripetitivo, il film di Takashi Miike centrifuga horror trash e satira, cultura S/M e gore. Tutto è palesemente finto: macelleria barocca e sequenze che omaggiano Tarantino, Besson, Kitano, Lynch, il nostro Argento e le opere di Damien Hirst (il tronco di un uomo diviso in due porzioni perfette). I personaggi si materializzano sullo schermo col beneficio di veri e propri riti di apparizione ai quali partecipano l’inquadratura, la musica, il montaggio. L’ incastro sottolinea la natura di una pellicola che funziona soprattutto in qualità di film-referenza, di immagini che richiamano in modo più o meno consapevole altre immagini (anche quelle dei fumetti ‘sporcaccioni’ genere Oltretomba). Troppo facile pensare a Braindead di Peter Jackson o al grand-guignol di Yuzna: nel suo divorare e rigurgitare cinema, più che crogiolarsi in un citazionismo autosufficiente, Miike è un regista che non si prende troppo sul serio, e questo è un bene. Momenti-clou: 1) Kakihara riconosce di aver sbagliato davanti ai suoi capi e non esita a tagliarsi un pezzo della lingua, piercing incluso, dichiarando con fierezza: "Vi offrirò la mia fonte di piacere"; 2) Kakihara trova l’anima gemella nella perversa Karen mentre sta torturando una delle sue vittime; 3) l’espulsione di Kakihara dai ranghi della Yakuza (per comportamento indegno) comunicata in videoconferenza al diretto interessato; 4) Ichi in lacrime, dopo l’ennesimo eccidio, preso a calci da un bambino sul terrazzo di un grattacielo. Qualcuno dovrebbe far vedere Ichi the Killer a Sam Raimi. Anche coi metodi coercitivi di Kakihara, se necessario. Nino Gianni D' Attis |