|
||||||||||||||||||||
CINQUE PER DUE-Frammenti di vita amorosa |
||||||||||||||||||||
Si spengono le luci e nel silenzio affiorante della sala inizia, a ritroso, il racconto di un amore(?) partendo dal suo epilogo: il divorzio. Ozon torna sugli schermi dopo lo splendido Swimming Pool ed è di nuovo un piacere per gli occhi ed uno stimolo per l’intelletto rendergli visione. In apparenza CinquePerDue appare come l’opera più scanzonata nella filmografia del regista (a parte 8 donne e un mistero), in realtà, l’autore è magistrale nel mascherare dietro l’ironica leggerezza della sua creatura tutto un substrato fatto di lacerazioni e guarigioni esistenziali che segnano indelebilmente ogni fotogramma, così come, si conferma abile regista nel saper scovare dentro ambienti e situazioni normali inquadrature esteticamente piacevoli senza scadere nell’estetismo più ovvio. La non originalità dell’impianto narrativo scelto per raccontare la storia e la vita di una coppia sfocia nell’impareggiabile originalità della sua messa in scena. Ciò avviene grazie alla sensibilità di Ozon nel raccontare la vita attraverso un intellettualismo intelligente e mai invadente, peraltro, senza accontentare lo spettatore nelle sue aspettative più scontate. L’intento autoriale è chiaro, Ozon non vuole raccontare una storia d’amore e la sua fine ma un incontro amoroso tra due persone, con tutte le ambiguità e le debolezze del caso, che non termina nel divorzio così come non era iniziato nel matrimonio (si osservi a tal proposito il sarcastico finale segnato da una di quelle immagini patinate degna della più becera delle commedie rosa). L’amore, questo sentimento così sublime ed atroce, per l’autore non è riconducibile al mito dell’amor fou né tanto meno all’utopico sogno dell’incontro di un’anima gemella ma rappresenta quella complicata terra di confine entro cui due persone cercano a fatica di migliorarsi, conoscersi e anche e per la miseria, amarsi. La difficile alternanza di sorrisi e lacrime, amori e tradimenti viene sapientemente condotta da Ozon grazie a due essenziali fattori. Il primo è in realtà un segno distintivo del suo stile, è quella straordinaria capacità d’infondere molteplici significanze all’interno di una stessa scena evitando di scadere nella contraddittorietà, è quella caratteristica che potremmo definire l’insostenibile indeterminatezza di Ozon che si riflette nelle cose e nei fatti a tal punto che se vediamo un personaggio ridere, piangere, esercitare violenza e poi dolcezza nel volgere di pochi minuti, ci appare come il barlume di una vita vera piuttosto che un artifizio narrativo. Il primo frammento amoroso ne è un esempio eloquente: dovrebbe raccontarci l’inevitabile spegnersi di un sentimento ed invece...attraverso la freddezza con cui i due compiono il burocratico atto del divorzio (identico nella forma all’atto matrimoniale!!!), la dolcezza di Marion (Valeria Bruni Tedeschi) nel chiedere un tenero bacio che sfocia nella violenza del successivo atto sessuale, l’ingenua paura di lei nel credere ad un improbabile suicidio di Gilles (Stephane Freiss) e infine la fermezza di Marion nello sbattere la porta alla folle idea di riprovarci...finisce col restituirci il dirompente senso di una relazione; è forse questo il capitolo in cui i due danno effettivamente l’impressione dell’amore che li ha uniti, è forse questo il senso dell’insostenibile indeterminatezza di Ozon. L’altro fattore non può che essere la bravura degli attori protagonisti, decisamente in stato di grazia, decisamente bravi nel saper rendere diversi e complicati stati d’animo sia con l’espressività che con il corpo, apparendoci nel corso del film in un modo e nel suo contrario, belli e brutti, vecchi e giovani (splendido il nudo integrale di Valeria Bruni Tedeschi sdraiata nel letto che riporta la mente alla venere di Tiziano). Infine un cenno alla colonna sonora, fatta di successi italiani degli anni ‘60 (Tenco, Conte, Fidenco ecc.) scelti a quanto pare dalla stessa Tedeschi, canzoni che fanno sorridere e mettono di buon umore, come a consigliarci il giusto modo d’affrontare la vita: con la necessaria ironia. Si accendono le luci e nel brusio affiorante della sala emergono ingrate delle voci...bè lo facciamo...andiamo a...anche noi un film....prenderci una birra....senti....ridateci....ok...i soldi....ti chiamo io....ci vediamo dopo....è un film tiepido. Esattamente, tiepido come la vita, incompiuta sintesi di gioie e dolori.
Davide Catallo |
||||||||||||||||||||
|