Gangs of NewYork :Il Film , Gangs sul set , Hollywood Gangs |
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HOLLYWOOD GANGS |
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"Il credo fondamentale del gangster – e, se per questo, di ogni altro tipo di criminale – è che un uomo possiede una certa cosa solo fintanto che riesce a tenersela, e chi gliela prende non fa niente di male, ma semplicemente dimostra la propria astuzia." (Herbert Asbury, Le Gang di New York, Milano, Garzanti, 2001)
Il lungo braccio
di ferro tra Martin Scorsese ed il produttore Harry
Weinstein si è concluso con un taglio di 48 minuti a Gangs of New
York. C’è un vuoto che alla fine del film si avverte ma non annienta del
tutto la seduzione di un progetto immenso, carezzato per decenni, poi
sofferto sul set e in sala di montaggio. Più forte della storia d’amore tra
la ladra Jenny ed Amsterdam è la Storia di una città-palcoscenico, della
gente di Five Points nella seconda metà dell’800, tra faide intestine e
Guerra di Secessione. Un popolo sporco e cattivo, testimone e attore di
risse,
Il progetto era dunque ambizioso quanto Apocalypse Now, Via col vento e C’era una volta in America. Era, probabilmente, questi tre film insieme: stessa la scintilla, il disegno da Grande Romanzo pynchoniano più che da kolossal con centinaia di comparse e scenografie impressionanti. L’avventura e la Storia (l’hanno detto in pochi ma, sia chiaro, Gangs of New York è un bellissimo film d’avventura con omaggi a L’Isola del tesoro e Le Avventure di Tom Sawyer), la tragedia e la farsa in una riscrittura cinematografica che (tipico dei grandi visionari) non poteva tener conto più di tanto dell’aspetto commerciale (un contratto alla Diaz ed uno a DiCaprio per chiudere la bocca ai boss). Comprate il biglietto. Confidate nella possibilità di trovare un giorno una superba edizione in DVD con tutto ciò che al momento non c’è. Il cinema non è Peter Jackson. (V.L.) |
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