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Oscar 2003

 

Oscar 2003Doveva essere una cerimonia essenziale senza fronzoli, sempre al limite tra tribuna politica, corteo pacifista e spettacolo voluttuoso. Ma non è stata nessuna di queste cose. Il 23 marzo 2003, è stata la notte delle "sorprese". Nel giorno in cui l’America paga lo scotto più duro dall’inizio del conflitto in Iraq, con gli esanimi corpi dei Marines ammassati e sballotati dai satelliti di tutto il mondo, mentre gli Usa si interrogano se sia il caso di mandare in onda le immagini dei prigionieri yankees (vulnerabili e spaventati come mai memoria d’uomo ricordi, almeno da cinquant’anni a questa parte, se non nelle scene di qualche film) la comunità hollywoodiana, riunita, si autocelebra e premia l’esiliato Polanski (miglior regia).

Ed è Il Pianista il vero scossone del 75esimo Academy Awards. In una cerimonia snellita grazie all’abolizione di passerelle e balletti, dopo il ridimensionamento anche dei tempi televisivi, non si faceva che parlare dei distintivi pacifisti delle star e dei discorsi che i produttori della serata avrebbero temuto. Ma niente paura a Hollywood le cose si fanno in grande e se il fatto di non aver posticipato la trasmissione non vi ha convinto, allora ci pensa un filmatino ad hoc che canta "therès no business like show business" (e poi hanno il coraggio di dedicare la serata ai soldati in guerra) if you know what I mean. Il livello è più basso degli altri anni. Ma si sapeva dall’inizio: presenta Steve Martin il demenziale, non Billy "the kid" Crystal. I ringraziamenti sono spaventosamente edulcorati chè la statuetta una volta in mano rabbonisce Michael Moore durante la cerimonia degli Oscar 2003tutti, si sa. Meno male che le eccezioni confermano le regole….a Michael Moore dobbiamo tutti qualcosa per lo straordinario documentario. E per il coraggio ("abbiamo un presidente fittizio che ci ha trascinato in una guerra fittizia. Bush sei finito", alcuni applaudono, altri gridano il loro dissenso). E pazienza se gli organizzatori hanno tentato di eclissarlo con le insulse battute di Martin e quello stucchevole filmato su "Com’è vincere l’Oscar". Purtroppo in tempo di guerra le idee, per paura o necessità, scarseggiano…così non resta che l’autocelebrazione. Di cosa non si capisce. Non c’è niente di incredibile nel citare 59 nomi di attori che sono stati premiati nel corso degli anni. Per di più con loro tutti presenti che, finti, sorridono alla telecamera come se stessero ricordando il momento più importante della loro vita, always&forever. Ma forse è uno di quei riti statunitensi che non capisci se non fai parte del club. Una cosa è certa, neanche lo scorso anno, con la tragedia delle Twin Towers s’era vista tanta miseria: né umana, né di mezzi. E mentre Chicago vince tutto quello che ai limiti della decenza può vincere arrivano due sorpresine che si chiamano Eminem (miglior canzone) e Adrien Brody (miglior Roman Polanski Oscar 2003attore). Quanto a Mr. Roman Polanski congratulazioni. Almeno questa volta l’Academy ha una valida scusa per negare il premio a Scorsese, che sportivamente alzandosi, batte le mani e si sforza di sorridere. Di buono c’è che Chicago non ha fatto la parte del leone che si temeva. Vince sì, (6 Oscar su 13 nomination) ma per lo più si tratta di premi tecnici. Forse far uscire come vincitore morale della serata una pellicola le cui protagoniste sono due impunite assassine, pronte a tutto pur di raggiungere il successo, il cui messaggio, tra il serio e il faceto, è "il fine giustifica i mezzi" non sarebbe stato molto educativo. Magari, una sera, quand’erano ancora giovani, Barbara e George Senior sono andati a teatro a vedere quello strano musical col nome di una città. Magari con loro c’era anche il rampollo di casa, Giorgino, il fenomeno.

 

May the PEACE be with you.

Valentina Neri