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YOUNG ADAM |
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Trasposizione sullo schermo dell’omonimo romanzo di Alexander Trocchi, scrittore poco conosciuto al grande pubblico ma denso di decorazioni: artista bohemien, scrittore pornografico, incallito eroinomane “Beat” ammirato da penne taglienti quali William Burroughs, Leonard Cohen ed Irvine Welsh che lo definisce «il George Best della letteratura Scozzese». In Young Adam Ewan McGregor dà vita ad un personaggio estremo molto simile alla figura di Trocchi: un vagabondo ribelle, malinconico, cinico ed irresponsabile agitato da profondi tormenti interiori, gelido nella ricerca di se stesso e spietato nelle sue innumerevoli esperienze sessuali (e umane). Il film si divide equamente tra thriller ed esistenzialismo: un cadavere che galleggia nei canali di Glasgow, un antieroe alla ricerca della propria redenzione e grigi paesaggi scozzesi racchiudono un crudo affresco su questioni quali moralità e ipocrisia, mirando l’attenzione su una società (che è ancora quella di oggi) stordita dalla repressione, dalle convenzioni e dai falsi ideali. Da una parte il regista David Mackenzie (alla sua opera prima) racconta le verità sommerse dei suoi personaggi con abilità, citando con personalità e stile la migliore tradizione noir nella struttura a flashback, sfruttando un ottimo gusto visivo e relegando i dialoghi dentro spazi davvero angusti: un puzzle efficace fatto di gesti che trasudano solitudine, di sguardi che nascondono menzogne e di cupe atmosfere che ingabbiano vite perdute cullate dalle musiche di David Byrne, autentiche zattere malinconiche del dolore. Dall’altra è evidente qualche cartuccia sparata a salve nell’impianto narrativo che in più di un’occasione, purtroppo, gira a vuoto spegnendo con grande facilità l’interesse dello spettatore sottolineando la difficoltà di restituire con la stessa efficacia del romanzo la complessità di un personaggio sfumato e difficile, inafferrabile nella sua ricerca estrema di libertà e nel suo rifiuto totale del perbenismo sociale, molto simile alla tradizione degli antieroi di Kerouac (come non ricordare Dean Moriarty?) ma privo della stessa passione vitale e della stessa folle alchimia autodistruttiva. Young Adam è uno strano film che riesce a sorprendere e a spiazzare, ma inevitabilmente lascia la sensazione di avere tradito (nella maniera sbagliata) il genio irruento ed istintivo del suo ispiratore letterario scegliendo la strada del manierismo dove sarebbe stata invece necessaria una naturale sporcizia creativa.
Antonello Schioppa |
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