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Audioslave (Epic) |
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È stato un parto lento e doloroso quello della creatura Audioslave , supergruppo formato dagli ex Rage against the machine, Morello, Commenford e Wilk e l’ex voce dei Soundgarden Chris Cornell. Prima i litigi fra i managers dei singoli componenti della band in una folle corsa a chi si accaparra più denaro. Poi la difficile scelta del nome da dare al gruppo che sembra orientarsi su Civilian Project, nome che però dopo pochi mesi pare non piacere alla produzione. Non è vincente. Come se non bastasse dai Bad Animals Studios di Seattle vengono rubati e distribuiti in rete i demos registrati fino a quel momento in gran segreto. La Sony è nel panico. Il superproduttore Rick Rubin però è l’ultimo a cedere, l’odore di soldi a palate lo inebria ed ecco un nuovo nome, Audioslave, i pezzi leggermente riarrangiati per snobbare i provini in mano ai pirati del web ed un video pirotecnico e costosissimo per annunciare l’evento, dal titolo Cochise. La scelta è stata studiata fin nei minimi dettagli. Bisognava chiudere senza traumi il passato politico dei Rage e tra le varie icone ribelli del passato, quella di un simpatico capo indiano, abusato nei tatuaggi degli anni ottanta, sembrava la più incisiva. E bisognava preparare i vecchi fans dei R.a.t.m alle nuove sonorità con un pezzo che introducesse Cornell in una sezione ritmica ben collaudata e capace di limitare le urgenze hard’n’blues. Poi a fine novembre l’album. Ed è proprio come te lo aspetti. Ci sono i Soundgarden di Badmotorfinger con la voce di Cornell che con l’età si è fatta più roca, la passione quasi imbarazzante per i Led zeppelin, le invenzioni chitarristiche di Morello (che iniziano sempre prima del ritornello finale) e la poderosa batteria di Wilk . Tutto combacia, tutto è perfetto a discapito di spigolosità e fantasia. Sessantacinque minuti sfiancanti dove reminiscenze seventies, echi di grunge e stoner all’acqua di rose si metabolizzano drasticamente in un prodotto vacuo e pavido. Va da sé che prese singolarmente le canzoni funzionano, soprattutto se ascoltate più volte, come il groove mantrico di Set it off, la pigra psichedelia di Hypnotized o la ballatona emo blues di Like a stone. La somma delle parti, in definitiva, va ben oltre la sufficienza ma questo non può e non deve bastare. Perché per il sottoscritto i primi tre lavori dei Soungarden sono gemme di assoluta bellezza che ancora oggi non perdono un grammo del loro valore. Talento, coraggio e voglia di sperimentarsi che è facile trovare anche nel devastante disco d’esordio dei R.a.t.m. Di quella istintiva rabbia nel disco degli Audioslave non v’è traccia ed è facile, ora, intuire i motivi che hanno spinto De La Rocha ad uscire mestamente dal gruppo. John Laudato |
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