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BEN HARPER AND THE INNOCENT CRIMINALS: Diamonds on the inside (Virgin)

 

BEN HARPER AND THE INNOCENT CRIMINALS: Diamonds on the inside"What happened to Ben?" Forse questo sarebbe stato un titolo più appropriato per il quinto lavoro del dotatissimo californiano. Si ha l'impressione di trovarsi davanti ad un'opera di rottura col passato, una svolta intenzionale che però non necessariamente ci porta  dove volevamo andare.

Forse anche un grande come Harper può imboccare una via contro mano, infilarsi in una strada chiusa.

   Il disco si apre con il primo, e probabilmente unico, singolo, With my own two hands.   Spudoratamente reggae, ed è forse proprio questo a colpire. La forza di Harper, dall'umile punto di vista di chi vi scrive, è (era?) l'inclassificabilità della sua musica, il galleggiare dolce e brutale tra rock, rock acido, blues, appunto raggae, gospel, vangelo.  Col senno di poi,  purtroppo, il pezzo risulta essere tra i migliori del disco, con quell’ ossessionante cacofonia del ritornello che si ripete all'infinito, che almeno non ne pregiudica l'originalità.

Traccia due, When it's good un bel blues movimentato, niente male, ma durante tutta la canzone continuavo a chiedermi: "Dove l'ho già sentita questa?".  Poi è il momento della title track, che  lascia quasi indifferenti, un ritornello abbastanza riuscito, ma nessuna traccia dei brividi a cui siamo abituati.  In sostanza Diamonds sembra essere unbest of (meglio worst of), cioè pezzi di dischi diversi. Il disco gode di un'eterogeneità d'intenti che finisce per risultare poco credibile.  Brani come la ballad, pseudo-gospel, When she believes, la verve-iana She's only happy in the sun (Lo sapevo che non doveva fare la cover di The Drugs don't work sul suo Live from Mars!), quella Bring the funk che sembra tanto un pezzo scartato da Prince, sono tutte canzoni che non mi sento di dire brutte, ma di cui, in tutta sincerità, potevamo fare a meno.

Ben HarperMa qualcosa c'è,  un paio di Diamonds all'interno, come dice il titolo, ci sono:  Picture of Jesus, una specie di canto tribale africano, non meglio identificabile, pochissima musica e molti vocalizzi ma...brividi, e tanto basta.  E  soprattutto Blessed to be a witness, splendida piccola perla. Vero, autentico, sincero Ben Harper, doveva essere il singolo...brividissimi. Harper come al solito mostra di dare il suo meglio quando tratta lo spirituale, il religioso; ci mette il cuore, e si sente.

   Chi vi scrive ha avuto l'onore di scarrozzare il sig. Harper per Roma in occasione delle sue due date al Palacisalfa qualche annetto fa, e credo che se avessi preso la tangenziale contro mano me l'avrebbe fatto notare! Voglio solo non essere da meno: Ben, metti la retro e esci dal vicolo, non c'è niente di nuovo là per te, e per noi.

 

Vito A. Caiati

sul web: /www.benharper.net