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PLAID:SPOKES (Warp) |
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Spokes segna il ritorno sulla scena dei Plaid, esponenti di spicco dell’intellighènzia digitale. I nostri si sono avvicinati alle macchine grazie al leggendario Moog e ispirandosi al pop sintetico degli anni ’80, quello per intenderci di famiglie elettroniche come Ultravox e Human League. Le esperienze artistiche realizzate nel decennio seguente, quelle dei rave in particolare, hanno spinto i due lontano dalle formule eighties e dal relativo pericolo di stagnazione creativa, abituandoli a cercare nei loro successivi progetti (Balil, Atypic…) nuove formule espressive. Ed Handley e Andy Turner da tempo fanno parte del versante melodico e maggiormente istintivo della technologica etichetta Warp, soprattutto se paragonati ad altri affiliati alla label di Sheffield, come Aphex Twin e Boards Of Canada. I Plaid sono titolari di un impasto sonoro unico nel panorama al silicio, caratterizzato da una parte dalla costante ricerca della melodia e dall’altra dalla creazione di ritmiche irregolari e ossessionanti: analogico e iperdigitale si incrociano costantemente nelle tracce dei due produttori. Il nuovo disco non viene meno a tale modus operandi, sebbene l’aspetto umano appaia privilegiato rispetto a quello numerico e a tratti riporti alla mente le storiche produzioni che i britannici realizzavano ai tempi del super trio Black Dog. L’album si apre con la voce in lacrime di Luca Santucci, peraltro l’unica nel corso del viaggio, che introduce una (poi) vibrante Even Spring, vagamente simile ad Eyen, traccia iniziale del precedente Double Figure. Da qui in poi è un intenso susseguirsi di delicati arpeggi, perfette armonìe, microbeat minimali, ritmiche veementi e riverberi: risulterebbe penalizzante raccontare di una spiaggia strumentale piuttosto che di un’altra, l’ellepì va assimilato (ripetutamente) nel suo insieme, poiché i brani sono magistralmente incastonati uno nell’altro. Spokes, come i precedenti album Rest Proof Clockwork (1999) e Double Figure (2001) dimostra ancora una volta che la famigerata musica digitale può evocare una quantità infinita di emozioni; i Plaid rientrano a pieno merito tra gli artisti in grado di donare all’elettronica del terzo millennio una fisionomia "naturale". Bob Sinisi sul web: http://www.warprecords.com/spokes |
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