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THE BLACK CROWES: Live (V2) |
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La storia del rock’n’roll insegna che c’è un solo modo per chiudere dignitosamente la carriera di una grande band: incidere un album memorabile, ubriacarsi e imbarcarsi in un tour sfiancante, quindi dare alle stampe un disco dal vivo che catturi l’energia delle ultime notti trascorse sul palco. Giunti a quello che sembra l’ultimo atto di una carriera cominciata discograficamente all’alba degli anni ’90, i Black Crowes (nati nel 1984) hanno rispettato la regola facendo seguire a Lions, ultima prova in studio uscita nella primavera 2001, una serie di concerti d’addio che è alla base del nuovo doppio Live. Ufficialmente, dal gennaio scorso, i Corvi hanno sciolto le righe: Chris Robinson, cantante, ha firmato un contratto con la Redline Entertainment ed è pronto ad inaugurare una carriera come solista con l’album New earth mud in uscita a fine anno mentre suo fratello Rich è accreditato in veste di produttore di questi 19 brani che documentano le ultime due date della band all’Orpheum Theatre di Boston. Ideale complemento al Live at the Greek (2000) attribuito a Jimmy Page & The Black Crowes, il disco raccoglie i momenti migliori della formazione georgiana, escludendo in blocco le canzoni del debole By your side (1999) e quasi tutta la tracklisting di Three snakes & one charm (1996), fatta eccezione per Girl from a pawnshop. L’ apertura è affidata a una versione stellare di Midnight from the inside out: 4 minuti e 46 secondi di dichiarato amore zeppeliniano seguiti a ruota da Sting me, brano tratto dal secondo disco The Southern harmony and the musical companion (1992) e da Thick & thin (dal debutto Shake your money maker). L’idea di una fine da tramandare ai posteri deve aver accompagnato i fratelli Robinson ed i loro soci nel corso dei due concerti bostoniani, poiché Live è un disco che non conosce cadute nella noia e riesce a far brillare di nuova luce persino gli episodi più vecchi del repertorio. È il caso di Cursed diamond e Hi-head blues, mentre Miracle to me e Soul singing, già vertici di Lions, appartengono di diritto alla categoria ‘momenti da copula indimenticabilè. Non basta? La cover di Hard to handle (Otis Redding, sempre sia lodato), l’inedita Title song e la chiusura affidata alla trascinante Remedy (oltre 5 minuti sudatissimi) faranno rimpiangere il sound dei Black Crowes persino ai loro detrattori. Sono stati una band eccezionale, guidata da un istinto plasmato nel vecchio e nel nuovo del rock’n’roll. Southern nelle radici, stonesiani e zeppeliniani nella volontà di incarnare (non senza ironia) blues bianco ed eccessi circensi. Prima o poi i Robinson potrebbero far pace e tornare a scrivere canzoni insieme (la storia del rock, sapete, insegna anche questo). Confidiamo nella passione autentica, più che nei dollari che la V2 o qualsiasi altra multinazionale discografica potrebbe offrir loro da qui all’età del pensionamento. (Simone Pugliesi) |