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DEVENDRA BANHART: Rejoicing in the hands(Young God) |
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Come spiegare altrimenti la magia di Rejoicing in the hands, il suo essere straordinariamente fuori da qualsiasi descrizione esaustiva. Un disco che si auto-emargina verso bordi lisci, confini tratteggiati ad acquerello, impalpabili orizzonti. Chitarra pizzicata, vaporosa, brutalmente seviziata, e una voce allucinata, epica, western. Due semplici ingredienti che nel 2004 testimoniano la necessità di semplicità e purezza. Figlio inconsapevole di quel gran personaggio di Daniel Jhonston, Devendra si è laureato giovanissimo al San Francisco Art Institute facendosi subito notare per quel suo talento irrequieto, incontenibile, difficilmente riducibile al solo essere cantautore. Me lo vedo godersi il sole sul Golden Gate Bridge, ad osservare il volo eterno dei gabbiani, aspettando il tramonto. Diavolo di un Devendra. La leggenda vuole che Micheal Gira (ex Swans) lo vede suonare una sera ad un sushi bar davanti ad un pubblico infastidito da quel suo presuntuoso canto "a cappella". Tra questi, Sammy Hagar, che per zittire l’esibizione del nostro eroe pompa al juke box un pezzo della sua vecchia e orrenda band, i Van Halen. Devendra smette di suonare, si alza, e va a sputare nel piatto di Hagar. Rissa. Qualcosa di simile a un saloon. Sarà lo stesso Gira a trascinarlo fuori per condurlo al suo studio di registrazione.
Me
oh My, uscito nel 2002 è incantevole
Qualcosa di simile a Rejoicing in the hands.
Jo Laudato sul web: www.younggodrecords.com |
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