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INTERPOL: Antics (Matador) |
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Il secondo disco degli Interpol era sicuramente l’uscita discografica elettrica più attesa di questo fine 2004. Desiderio di un sussulto autunnale, Antics, insegue conferme ed elogi quasi fossero ossigeno. Cela, fin dal titolo, la pretesa di un confronto definitivo. Ed è curioso che i neo dark rockers newyorchesi scelgano come opening track la folgorante Next exit, canzone di una bellezza disarmante che vorrebbe far tacere tutte le possibili congetture negative. Scelta molto simile a quella che fecero i Jesus and Mary Chain puntando su Just like Honey. Il prologo perfetto, preludio di terribili e funeste emozioni. Ma laddove I Jesus and Mary Chain, pur cambiando registro, mantennero per tutto Psychocandy il senso di vertigine, gli Interpol crollano miseramente. Il disco, molto più Psichedelic Furs che Joy Division, non è brutto, e conferma le qualità e il talento compositivo del gruppo ma ne rivela tragicamente tutti i limiti. Douglas Sirk disse una volta che il cinema, e l’arte in generale, è sangue, lacrime, violenza, odio, amore e morte. Non che mi aspetti queste cose ascoltando un disco dei Thievery Corporation ma questi sono elementi fondanti ed evidenti nella New wave britannica così lacerata da eroi e martiri a cui la band inevitabilmente si ispira. Far finta che non sia esistita è una strategia che lascio volentieri agli struzzi. Le facce insolenti degli Strokes sono le stesse facce presenti sulle copertine dei Velvet Underground. Entrambi emanano il fascino nevrotico della Grande Mela. Entrambi figli della stessa viziosa madre. Antics è così dannatamente pulito ed apatico che ci si sente vittime di un complotto. La mancanza, rispetto al primo Turn on the bright lights, di pezzi trascinanti e radiofonici, non è, come già alcuni sostengono, motivo d’orgoglio, ma assenza di slanci emotivi. Reazionario? è una responsabilità di cui mi faccio carico. Un ultimo appunto alla copertina del disco: ci sono in giro tanti disoccupati pieni di talento e buona volontà . Perché non dar loro un’occasione?
Jo Laudato |
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