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JOSS STONE: The Soul sessions (S-Curve Records/Virgin) |
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Odio i cloni, odio qualsiasi genere di revival (punk, post-punk, rock’n’roll, disco, liscio, etc.). Ma stavolta, lo ammetto, mi sento un tantino in crisi. Benedetta ragazza: 16 anni, bianca, bionda, occhioni azzurri, inglese del Devon. Con un’ugola da nera signora del soul (magari con un bel po’ di vita vissuta alle spalle, la strada, alcolici e sigarette a portata di mano), una voce che le ha fatto conquistare l’ammirazione dei critici più scafati e di personcine piuttosto famose come Lenny Kravitz, Paul Weller e Tom Cruise (‘o samurai!).Dice: «Sono una teenager ma credetemi: ho grandi emozioni». E: «Sarebbe ora che ci liberassimo di questa distinzione nero o bianco. Non mi piace». Magari queste frasi le avremo già sentite mezzo miliardo di volte da altre debuttanti allo sbaraglio, ma stavolta, dicevo… Tutti la vogliono, tutti le dicono cose carine non solo sul fisico mentre sua madre Wendy che le fa da manager sorveglia che qualche vecchio zozzone dello spettacolo (è un ambientaccio) non le infili impunemente le dita nei blue jeans. Joss Stone, all’anagrafe Joscelyn Eve Stoker, è la meravigliosa lolitina che ha resuscitato il Miami Sound di una volta sostenendo di essere stata folgorata e svezzata da una raccolta di successi di Aretha Franklin. Accidenti se è vero! Dallo show televisivo della BBC "Star For A Night" (non credo che lo presenti Maria De Filippi) alla gloria delle charts senza spandere puzza di prodotto creato a tavolino da qualche team di furbi discografici. Vengono in mente i suoni dei vecchi 45 giri di Timmy Thomas, Lavern Baker, Joe Simon e compagnia bella. Viene in mente la gloriosa, illustre, sacrosanta era Stax ed è proprio a quel punto che per non bestemmiare pensi: se è un bluff, l’hanno architettato bene perché hanno fregato anche il sottoscritto. Non completamente, devo dirlo (al secondo/terzo ascolto, una punta di freddino patinato si avverte), ma ci sono andati vicini. Al momento abbiamo otto covers di classici per un biglietto da visita davvero niente male registrato in due giorni e in presa diretta a Miami sotto la cura di Betty Wright, astro del firmamento Miami soul sound anni ’70 e del produttore Steve Greenberg. Spiccano (eccome): Dirty man di Laura Lee; Super duper love di Sugar Billy; All the king’s horses di nonna Aretha; For the love of you degli Isley Brothers (altro grande amore della sbarba); Some kind of wonderful di John Ellison. E spicca Feel in love with a girl, portata al successo dai White Stripes e diventata all’uopo Feel in love with a boy con la partecipazione speciale dei lanciatissimi Roots e gli archi di Ahmir Thompson. Che vogliamo fare? Io sarei per la promozione, sperando che non si rovini più avanti. Joss Stone dice: «Quando Alicia Keys ha avuto successo ho ringraziato Dio». E sembra sincera. Sembra una che farà molta strada, potendo contare su una sfilza di ospiti nel prossimo lavoro (Angie Stone al pianoforte, tanto per cominciare). Primo disco, prima sorpresa. Come le nutrono, certe ragazzine?
(J.R.D.) sul web: www.jossstone.com |
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