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AUTECHRE: Draft 7.30 (Warp) |
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Dischi come questo non si possono davvero raccontare. Mettendovi al corrente di aggregazioni, sovrapposizioni, miscugli densi di suoni, impronte cromatiche e compagnia bella, rischio di rovinarvi l’impagabile viaggio privato che dovreste prenotare (preferibilmente in cuffia) presso l’agenzia Autechre. Come spiegarvelo? Sean Booth e il suo socio Rob Brown, in pista dal 1993 (Incunabula, numero 7 della serie Warp Artificial Intelligence) sono tornati a due anni da Confield con 10 brani che costituiscono un’opera di alta architettura elettronica. In definitiva, un lavoro che fa pensare all’intera discografia del duo di Manchester (siamo al settimo album) come ad una grande ragnatela tessuta dall’effetto di un colpo ben assestato su una lastra di cristallo. Freddo e crudele sono i primi due aggettivi che vengono in mente. Una compatta aggressività dai molti contrasti bianco e nero mitragliata con il gusto per l’improvviso sbilanciamento dinamico della composizione caratterizza Draft 7.30 come un ritorno al rigore dei primi passi arricchito dall’esperienza accumulata a partire dall’E.p. Envane. La durezza geometrica, artificiale dei toni in Xylin room si accorda alla varietà focale di IV VV IV VV VIII, alle linee abissali di 6 IE.CR in un equilibrio che permette agli Autechre di non cadere mai nello stereotipo, nella patinata impasse in cui li vorrebbero molti detrattori (discorso che vale anche per Aphex Twin, alla luce del recente 26 mixes for cash). Se è ancora Dance Intelligente, come volle etichettarla affrettatamente qualcuno agli inizi, dobbiamo accettarne lo stato di corruzione con lo stesso alfabeto alieno che informa l’hip-hop trasversale di Beans, virus questo che lascia spazio alle virtù intrinseche di materiali nuovi senza feticismo alcuno. Theme of sudden roundabout è illuminata da una carica espressiva di funk disumanizzante. La successiva VL AL 5 salda segmenti acustici ed elettronici in un porno-noir alla Tsukamoto pieno di lap-dancers mutanti dagli occhi a mandorla. Grumi fonici, accumulazione parossistica di detriti sonori per scandire la pulsazione di un gesto, per organizzare un ritmo: P.:NTL ha un nucleo ‘black’ e non è difficile arrivarci pur nuotando in un groviglio di suono bianco che tutto sembra soffocare. Stilemi melodici, armonici e ritmici confluiscono in una gigantesca arcata formale fortemente dialettizzata all’interno della quale risultano alternativamente triturati o esaltati. Un brano come V-Proc vive su una superficie che non esclude lo spazio in profondità fino a raggiungere una forte intensità drammatica: siamo alla geofisica interiore, a ciò che affiora una volta scalfita la crosta un po’ come nella Plastica spaziale di Kricke o nell’Intérieur di Raoul Ubac. Per presentare alla stampa Draft 7.30, opera che tocca nervi estremamente sensibili volendo manifestatamente parlare di (new) body and soul uscito dai tunnel metropolitani, gli Autechre hanno incaricato la Warp di distribuire ai pennivendoli delle audiocassette al posto dei più ‘moderni’ compact disc. Un bel modo di porre la domanda: “Che cosa è realmente obsoleto nel XXI secolo?”
(J.R.D.) sul web: www.autechre.nu |
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