Solo
per i soldi? Non è vero, non ci credo. Anche se è divertente accostarsi a un
disco senza doversi sorbire la solita solfa d’artista (Aphex
Twin non direbbe mai: "Questo è il mio lavoro migliore") e malgrado
l’ironia spietata del titolo e della copertina finto-elegante o
simil-pacchiana che ricorda un lingotto d’oro, il doppio album assemblato da
Richard D. James (probabilmente a chiusura del
contratto con la Warp di Sheffield) spinge in superficie i lavori ‘conto
terzi’ realizzati a partire dai primi anni ’90 ed usciti su 12" ormai rari.
Materiale di Seefeel, Gavin Bryars, Kinesthesia,
Jesus Jones, Saint Etienne ed altri, manipolato
dall’Aphex-touch fino ad assumere una forma nuova, uno snodo ‘altro’ da
indagare. Dunque, lavoro di routine fino ad un certo punto, poiché già una
dichiarazione come: "remixo solo quello che non mi piace" sposta l’asse
sull’intervento di modificazione come esigenza/volontà di dare un’altra
chance, una seconda vita, al brano ascoltato e/o proposto dall’artista di
partenza (come è noto, non è andata altrettanto bene a
Madonna, incuriosita e poi spaventata dal personaggio ai tempi di
Music). Se i remix fossero stati messi insieme unicamente per rimpolpare
il conto in banca, difficilmente avremmo avuto una raccolta ordinata dei
pezzi in questione con il nome dell’autore di Windowlicker in
copertina (a proposito, c’è una splendida acid edit del famoso
gioiellino sul cd 2).
Si prova una
sensazione di leggero smarrimento ascoltando il contenuto di questi due
dischi: groviglio di messaggi, interzona nella quale convergono avanguardia
elettronica e musica da club dello spazio profondo. Aphex Twin manipola i
suoni, ne elimina le ‘imperfezioni’ e realizza nuovi ibridi
non
immediatamente leggibili come ‘corpi’ modificati. Attenzione anzitutto alla
suggestiva Heroes di Bowie rivisitata da
Philip Glass e rimasticata in chiave dark dal
nostro (sarebbe stata perfetta nella colonna sonora di Alien3 di
David Fincher), poi a The beauty of being
numb section B dei Nine Inch Nails e a
In the glitter part 2 di Buck Tick, preludio a certe cose ascoltate in
Drukqs (2001). Personalmente ho un debole per il big drum mix
di Raising the Titanic (Bryars) e per la seducente alterazione di
Journey (Gentle People) ma l’intero lavoro è un paesaggio multiplanare,
spazio straniante all’interno del quale viene a realizzarsi la prospettiva
di un’identità, di un processo cognitivo completamente mutati: alla fine
questi pezzi non appartengono più a nessuno, se non (di sfuggita e per
assoluto rapimento) all’ascoltatore. Bowie non è più Bowie e lo stesso
discorso vale per i Meat Beat Manifesto, per la
house di Baby Ford o i Wagon Christ di Spotlight.
Non confondete
26 mixes for cash con la classica selezione di brani preferiti da un
mago dei piatti: questa è un’opera unica, il ‘nuovo’ disco di Aphex Twin che
aspettavamo passata l’overdose di